Si scrive così: 2.014.000.000.000 euro. È la montagna del debito italiano che ha superato un nuovo picco, quello dei duemila miliardi.
Una crescita attesa, dovuta in parte alle fluttuazioni mensili dei conti pubblici. Ma è una montagna che nei prossimi due mesi potrebbe ridursi, per le scadenze fiscali di fine anno e per la "vendita" di Sace-Simest-Fintecna alla Cassa depositi e prestiti.
Il vero indicatore da tenere sott'occhio è però il rapporto tra la crescita del debito e il calo del Pil. È questo che vale ai fini europei. A settembre il governo lo prevedeva a quota 126,4% per il 2012. Già a fine giugno, secondo gli ultimi calcoli di Eurostat, aveva però raggiunto il 126,1%. Facile immaginare che ora punti a quota 127%.
L'attenzione di Bruxelles non è certo disinteressata: il debito pubblico è da sempre uno dei parametri sui quali viene misurata la "convergenza" dei Paesi dell'Unione Europea. Questo fin dal trattato di Maastricht che fissava l'obiettivo di un rapporto debito-Pil al 60%. L'Italia, che non era ben messa in partenza, non ha però migliorato la propria performance. Le ultime previsioni europee sul 2012 (fatte a novembre) stimano l'Italia a quota 126,5% del Pil, superata solo dal 176,7% della Grecia e seguita a distanza da Portogallo e Irlanda che però in valore assoluto "pesano" molto, ma molto meno del Belpaese.
I grandi Paesi, come Francia e Germania, hanno rispettivamente un debito al 90% e all'81,7% del Pil.
Il debito non è però solo un indicatore economico-diplomatico. È uno dei parametri che più interessa i cittadini. Le loro tasche. Un aumento dello "stock" del debito, richiede nuovi emissioni di titoli pubblici e quindi il pagamento di maggiori interessi. E, stringendo i concetti, questo impone o il taglio di spese e servizi, o l'aumento delle tasse. Una spirale infernale. Questo vale soprattutto in un periodo nel quale l'andamento dei tassi sui mercati - di cui lo spread è un termometro importante - non segna il bel tempo. A conti fatti, ogni anno, per far fronte al proprio "debito", l'Italia paga oltre 80 miliardi di interessi. Se non fossero dovuti, potrebbero essere utilizzati per migliorare servizi e ridurre tasse. È questo il vero spread, il vero differenziale con gli altri Paesi.
«Non possiamo avere come orizzonte una austerità perpetua, ma non possiamo scherzare con la questione del debito», ha ammonito proprio recentemente il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ed è vero. Secondo stime del governo, il costo del debito salirà ancora: quest'anno si pagheranno 8 miliardi in più (toccando quota 86 miliardi) fino ai 105 miliardi nel 2015. Per questo il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli ha messo a punto un piano di dismissioni, che ogni anno dovrebbe valere l'1% del Pil, garantendo a Bruxelles l'impegno dell'Italia per la riduzione del debito. Prevede vendita di immobili pubblici e, anche, di azioni. Ma, perfezionata l'operazione di passaggio delle tre società a Cdp, ora appare difficile la vendita sia di asset societari sia immobiliari. Agli attuali prezzi di mercato, appare chiaro a tutti, si rischierebbe una vera e propria svendita.
da Libertà del 15/12/2012
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