L'Ausl di Piacenza interviene per smentire eventuali rischi sanitari
(mir) L'entrata in funzione del termovalorizzatore di Borgoforte non ha aumentato i casi di tumori che mediamente si verificano a Piacenza.
A precisarlo, intervenendo nel dibattito scatenatosi in questi giorni dopo la sortita dell'Ordine dei medici sul potenziale rischio diossina contenuta nelle emissioni dell'impianto (smentito dall'Arpa e duramente contestato dal sindaco Roberto Reggi), è l'Azienda Usl.
«Pur considerando prematura una valutazione conclusiva, in quanto l'impianto di incenerimento è stato attivato solo nella seconda metà del 2002 - si legge in una nota - l'andamento dei dati epidemiologici relativi alla mortalità per tumore nel territorio del Comune di Piacenza negli anni 1997-2006, risulta assolutamente stabile con valori che si aggirano sul 4 per mille abitanti. L'incidenza di nuovi tumori (calcolata attraverso le schede di dimissione ospedaliera), negli anni 2000-2006, risulta altrettanto stabile con valori intorno a 11-12 nuovi casi all'anno ogni mille abitanti».
L'Ausl ribadisce poi che, secondo i dati Arpa, le emissioni dell'impianto di Borgoforte evidenziano il rispetto dei limiti imposti dall'autorizzazione per tutti i parametri e per le diossine i valori risultano molto inferiori ai valori limite autorizzati. «L'azienda - prosegue il comunicato - mantiene alta l'attenzione sull'impatto sulla salute dell'impianto, anche partecipando insieme all'Arpa provinciale al progetto promosso dalla Regione Emilia Romagna "Moniter", che consiste nell'organizzazione di un sistema di sorveglianza ambientale e valutazione epidemiologica nelle aree circostanti gli impianti di incenerimento rifiuti solidi urbani in Emilia Romagna».
L'indagine ha l'obiettivo di evidenziare eventuali incrementi nell'insorgenza di neoplasie, malattie acute o malattie rare nelle zone circostanti gli otto impianti presenti sul territorio regionale, compreso quello di Piacenza.
Il Comitato di progetto è formato dai Servizi della Regione ed Arpa Regione Emilia Romagna, coadiuvati da università, istituti di ricerca nazionale ed Ausl, mentre il Comitato scientifico comprende l'Istituto superiore di Sanità, il Dipartimento di oncologia Aosp di Modena, l'Oms, il Cnr e l'università di Bologna ed il presidente degli Ordini dei medici dell'Emilia Romagna. Tale Comitato ha la funzione di "garante" delle metodologie, delle azioni di progetto e della validazione dei risultati. Lo studio, già iniziato nel 2007, terminerà nel 2009.
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