«Il crocifisso è simbolo di tutti i martiri, al di là della fede religiosa». Più per questione di natura burocratica che per un chiaro e definitivo pronunciamento della Corte costituzionale, fatto sta che il crocifisso continuerà ad avere diritto di cittadinanza nelle aule italiane, almeno per ora. Esulta il mondo della Chiesa: «Perché il crocifisso - chiosa don Giancarlo Conte, parroco di San Giuseppe Operaio - oltre ad essere segno della religione cattolica è diventato anche per molti popoli non cattolici il simbolo di pace, di speranza nella vita oltre la morte, l'emblema di tutti i poveri e i martiri del mondo». Ma annuisce all'ultimo pronunciamento della Corte Costituzionale anche il mondo islamico piacentino: «Nessun fastidio ci è mai stato arrecato dalla presenza del crocifisso nelle aule o altrove, e lo stesso si potrebbe dire di un altro simbolo oggi molto discusso, il presepe - dichiara Nouredine Ambaoui, mediatore culturale piacentino di origine marocchina - perché noi musulmani abbiamo il dovere di rispettare le radici culturali e religiose del Paese dove siamo ospiti». Con qualche alzata di sopracciglio da parte del mondo cattolico, il simbolo della cristianità risulta iscritto nell'elenco degli “arredi scolastici”: tocca alle istituzioni locali (Comune e Provincia) provvederne all'acquisto e alla rifornitura per le scuole che ne fanno richiesta. Palazzo Mercanti, dal 2002 ad oggi, ha soddisfatto una ventina di richieste («ma - dicono dagli uffici dell'assessorato all'Istruzione - altri crocifissi sono in magazzino a disposizione per nuove domande provenienti dalle scuole»). Ed è proprio l'universo scolastico l'ambito alla cui discrezionalità è demandata la scelta di optare o meno per l'esposizione del crocifisso. Reazioni piacentine? Predomina la massima serenità sull'argomento, «i crocifissi in aula ci sono - assicurano diversi dirigenti scolastici - e richieste di togliere dal muro il simbolo religioso non ne sono arrivate». «L'argomento non ha mai prodotto alcun problema - assicura Mariuccia Zavattoni (Terzo Circolo, ad alta densità di presenze straniere) - ma è chiaro che sul tema occorre mentalità aperta e tolleranza». «Il crocifisso - interviene Piera Trincianti (Ottavo Circolo) - non è stato mai né imposto né vietato, in genere si procede sulla base delle richieste della classe, cioè degli insegnanti. Personalmente? Non mi sento di ritenerlo un arredo, nel mio ufficio di direzione l'ho trovato e l'ho lasciato». Lo stesso per un'altra dirigente scolastica piacentina, Licia Gardella, a capo del liceo scientifico Respighi, nel cui ufficio di presidenza, insieme al crocifisso, sventolano le bandiere d'Italia e dell'Europa, il vessillo della scuola e alla parete c'è affisso il ritratto del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. «E nelle aule - dichiara la Gardella - il crocifisso c'era e rimarrà al suo posto, visto che mai abbiamo registrato segnali di intolleranza. Personalmente? Credo rappresenti un simbolo di cui nessuno deve avere timore». «Nelle scuole piacentine - sancisce Giovanni Marchioni, direttore dell'Ufficio Diocesano per la scuola - il tema del crocifisso non ha mai destato reazioni sfavorevoli, ma questo non significa che non sia un argomento di attualissima discussione, gli stessi insegnanti di religione ne parlano in classe. I crocifissi affissi nelle aule piacentine? Ci sono, in altri casi mancano ma più che altro perché dopo lavori di imbiancatura delle sedi non si è provveduto materialmente a reintegrarne la presenza in aula». Simona Segalini
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