di Enrico Morro, www.corriere.it del 18 agosto 2019
da www.corriere.it del 18 agosto 2019
Primo scenario: la sfiducia al Senato e l’uscita di Conte.
Martedì il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dopo le sue comunicazioni al Senato sulla crisi di governo, aspetta che vengano votate le risoluzioni presentate dai gruppi politici e quando viene approvata quella contraria all’esecutivo si reca al Quirinale per rassegnare le dimissioni.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, avvia un rapido giro di consultazioni con le forze politiche per verificare se in Parlamento ci sono i numeri per dar vita a un nuovo esecutivo. Nel frattempo il governo Conte dimissionario resta in carica per gli affari correnti.
Dopo le dimissioni del governo, il disegno di legge costituzionale per il taglio dei parlamentari non verrebbe posto in votazione per la quarta e definitiva approvazione alla Camera il 22 agosto, a meno di una decisione in tal senso presa all’unanimità dalla conferenza dei capigruppo (assolutamente improbabile).
Governo di garanzia per andare alle elezioni e urne in autunno. Se Mattarella dovesse constatare l’insanabilità della rottura tra Lega e 5 Stelle e l’impossibilità di dar vita a una maggioranza diversa (tra M5S e Pd) potrebbe indicare un governo di «garanzia» formato da tecnici per accompagnare il Paese al voto anticipato tra la fine di ottobre e i primi di novembre.
Secondo scenario: Conte e la scelta di dimettersi senza una votazione.
Il premier, fatte le sue comunicazioni al Senato, non attende il voto delle risoluzioni ma va subito al Quirinale per dimettersi. In questo modo, non avendo ricevuto un voto di sfiducia dalla maggioranza del Parlamento, si lascia aperta la porta per un possibile nuovo incarico di formare il governo.
Mattarella potrebbe sempre rimandare Conte in Parlamento per chiedere la fiducia, ma più probabilmente accetterà le dimissioni del presidente del Consiglio, chiedendo anche in questo caso al governo di restare in carica per gli affari correnti, e convocherà le forze politiche per le consultazioni.
Con le dimissioni del governo, come detto prima, naufraga anche la riforma del taglio dei parlamentari, cara ai 5 Stelle. Ma essa potrebbe tornare in gioco se si creassero le condizioni per ricucire l’alleanza tra la Lega e i 5 Stelle. Il voto della riforma, previsto ora per il 22 agosto, verrebbe solo rinviato.
Nel caso in cui Lega e 5 Stelle dovessero confermare a Mattarella la volontà di proseguire nell’alleanza di governo potrebbe nascere un nuovo esecutivo non più guidato da Conte oppure un Conte bis con una diversa squadra di ministri per dare più peso al Carroccio, tenendo conto dei risultati delle Europee.
Terzo scenario: l’addio di Conte ma via al nuovo schema.
In parallelo al voto contrario della Lega dopo le comunicazioni di Conte martedì in Senato potrebbero andare avanti i contatti riservati tra i 5 Stelle e il Pd per costruire una nuova maggioranza giallorossa. In ogni caso il premier non avrebbe altra scelta che rassegnare intanto le dimissioni del governo gialloverde.
In questo scenario il ruolo di Mattarella diventa più delicato. Non deve semplicemente prendere atto della fine o della rinascita della maggioranza gialloverde, ma verificare se l’ipotesi del governo giallorosso sia percorribile. Non è solo una questione di numeri, ma di sufficienti prospettive di stabilità.
Anche nel caso di una maggioranza giallorossa, come in quello di una ricucitura tra Lega e 5 Stelle, il ddl sul taglio dei parlamentari subirebbe solo un rinvio per l’approvazione finale. Alla quale però il Pd, finora contrario, concorrerebbe solo in cambio del sì dei 5 Stelle a una legge elettorale per il proporzionale puro.
L’ipotesi di un accordo tra 5 Stelle e Pd si presenta difficile da realizzare. Come verrebbero composte le differenze programmatiche? Con un nuovo contratto? E chi guiderebbe l’esecutivo? Se fosse, come appare logico, un esponente dei pentastellati, difficilmente potrebbe essere Luigi Di Maio. Complicazione non da poco.
Enrico Morro, www.corriere.it del 18 agosto 2019
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