Piacenza rischia di scendere un altro gradino. Rischia di perdere il corso di laurea in fisioterapia, vero "gioiello" della formazione in ambito sanitario. Venti posti in tutto, molto ambiti, per un percorso di studi che dipende dall'Università di Parma e che da una decina d'anni forma personale altamente qualificato. I test di ammissione sono sempre presi d'assalto. Il taglio dei posti si abbatte, per la precisione, sull'Università di Parma che da 50 matricole dovrebbe passare a 30 se non interverrà un decreto d'urgenza del ministero. A lanciare l'allarme in questi termini è Loris Borghi, rettore dell'Ateneo, che si è reso conto della decurtazione solo pochi giorni fa, quando il ministero ha fissato, attraverso decreto, il numero programmato dei posti per i corsi di laurea a numero chiuso delle professioni sanitarie in tutte le università d'Italia (medicina, chirurgia, odontoiatria, veterinaria, laboratoristi, infermieri etc.), anche nella logica delle indicazioni di fonte europea. «Dall'ultimo decreto Parma è uscita fortemente penalizzata sulla fisioterapia, altri cali, per esempio per gli infermieri, sono più contenuti e non incidono» spiega il rettore. E prosegue: «Storicamente Parma ha sempre avuto da 40 sino a 50 posti, come in quest'ultimo anno, suddivisi tra Parma e Piacenza, in particolare 30 a Parma e 20 a Piacenza». Quest'anno però il taglio subito desta molti dubbi, il ministero si è mosso confermando per ogni università emiliano romagnola la quota fissa di 30 posti disponibili in ogni sede formativa dove è attivo un corso di laurea in fisioterapia, così è stato infatti per gli atenei di Modena, Ferrara, per quelli di Bologna e anche per Parma: «Ma nel nostro caso si è dimenticata la scuola di Piacenza» insiste Borghi che si è dapprima attivato per verificare che non fossero decisioni prese sul piano locale, per esempio dalla Regione Emilia Romagna che ha voce in capitolo sui corsi di laurea delle professioni sanitarie con ricaduta sulle attività assistenziali. «Ho verificato - prosegue il rettore - ma la Regione non c'entra nulla, la questione è stata decisa a Roma. Ho subito inviato una lettera al ministero, ipotizzando un errore, perché parto dal presupposto che non sia voluto, non ne capirei il senso. Forse è stata semplicemente dimenticata la sede formativa di Piacenza. Ho chiesto al direttore generale del ministero di investire del problema il ministro perché venga fatto un decreto correttivo dell'errore». Però a questo punto, Borghi ritiene utile e necessaria anche una mobilitazione delle autorità e dell'opinione pubblica piacentina. Intanto ha espresso l'intenzione di chiedere un interessamento al sottosegretario all'Istruzione Roberto Reggi. Patrizia Soffientini patrizia. soffientini@liberta. it Libertà 13/07/2014
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