Il dibattito è stato aspro, divisivo. Tanto che l'approvazione a fine seduta di un documento unitario sembrava l'ultimo degli esiti possibili. Invece, nonostante tutte le contrapposizioni che solleva l'"area vasta" in materia di sanità - vale a dire una gestione dei servizi che faccia capo a territori più ampi degli attuali confini provinciali in ragione di accorpamenti tra territori limitrofi -, minoranza e maggioranza hanno saputo elaborare una sintesi condivisa che mette, sì, dei robusti paletti al progetto che la nuova giunta regionale guidata da Stefano Bonaccini ha preannunciato, senza però arroccamenti su dei no pregiudiziali, anzi, accettando la sfida di un confronto costruttivo con Bologna. Questo l'andamento del consiglio comunale di ieri pomeriggio sulle prospettive della sanità piacentina. Un consiglio comunale "aperto", cioè con la partecipazione di esterni, una serie di addetti ai lavori a partire dal direttore generale dell'Ausl Guido Pedrazzini subentrato pro tempore ad Andrea Bianchi fresco di dimissioni, per continuare con il presidente della Provincia Francesco Rolleri che è anche a capo della Conferenza socio-sanitaria territoriale, con il presidente dell'Ordine provinciale dei medici Augusto Pagani, con i consiglieri regionali Gian Luigi Molinari e Tommaso Foti (che siede pure nell'assemblea comunale) e con Renato Dapero e Franco Pugliese della consulta Attività sociali, educative, formative e sanitarie. Il documento votato ieri all'unanimità ha avuto una genesi di qualche giorno in vista della programmata seduta consiliare "aperta". Le forze politiche si sono sforzate di fare ciascuna qualche passo indietro rispetto alle posizioni di schieramento: centrodestra e Movimento 5 stelle decisamente critici sull'area vasta (a Bologna si ragiona di un perimetro da Piacenza a Reggio Emilia senza escludere un'estensione fino a Modena in seconda battuta) ritenuta penalizzante per il nostro territorio; centrosinistra orientato a evidenziare più le opportunità che i rischi di una sfida che le esigenze di razionalizzazione e di risparmio gestionale rendono ineludibile. I punti salienti sono nel dispositivo finale del testo in cui si invita il presidente della Provincia e i sindaci del territorio a una serie di impegni volti al buon funzionamento di una sanità, quella piacentina, di cui diffusamente viene riconosciuta la buona qualità complessiva. Ecco perciò che c'è la richiesta di «un maggiore coinvolgimento delle amministrazioni locali» in termini di «responsabilità politica» e di «un migliore collegamento» con l'Ausl. Di «sostenere la realizzazione del Piano delle azioni e degli investimenti 2014-16, sollecitando tempi ancora più ristretti per la realizzazione delle reti ospedaliere e cliniche e la revisione dell'offerta territoriale avendo presente strategie di investimento sulle eccellenze piacentine, sulla necessità di ridurre e rendere appropriate le liste di attesa per esami e visite specialistiche e sulle Case della salute». Si entra quindi nel vivo del «confronto con la Regione», indicando l'obiettivo del «mantenimento dell'attuale livello di finanziamento» - l'ipotesi di bilancio dell'Ausl per il triennio 2016-18 richiede un fabbisogno annuo di 10-12 milioni di euro -, implementato delle necessità aggiuntive «in ragione dei positivi dati strutturali e degli sforzi di risparmio già attuati». Nel premere per l'organizzazione di «un prossimo confronto pubblico con l'assessore alla sanità Sergio Venturi», la mozione chiarisce con nettezza che va «respinta l'ipotesi di una fusione dell'Ausl di Piacenza con altre limitrofe». Il che si collega alla considerazione esplicitata in un altro passaggio sulle «rischiosità in termini di ricadute negative sul territorio» del progetto di area vasta, quelle derivanti dalla «realizzazione di un'unica Direzione generale» e dalla «attuazione di accorpamenti gestionali, clinici e diagnostici trasversali» alla macro-zona. Viene infine richiesta la predisposizione di «un piano di azioni di conciliabilità lavoro-famiglia e flessibilità-integrazione dei servizi sanitari che migliori la condizione femminile» nell'Ausl di Piacenza, un'azienda dove ben il 70% dei 3.676 dipendenti sono donne. Gustavo Roccella L;IBERTA' 20/01/2015
Pagani: guardie mediche, tagliare si può (guro) Un altro aspetto oggetto di polemica durante la seduta sulla sanità è stato il ventilato taglio delle guardie mediche. Se dal centrodestra e dal M5s si sono levate molte voci a contestare la prospettiva, Augusto Pagani, presidente dell'Ordine provinciale dei medici, ne ha parlato come di una razionalizzazione suffragata dai numeri: «Non è pericolosa», secondo Pagani, non mette a rischio la continuità assistenziale «perché comunque un intervento di emergenza sarebbe garantito in tempi adeguati in tutto il territorio provinciale». E anche sull'esistenza dei piccoli ospedali c'è da riflettere seriamente, ha avvertito Pagani, occorre verificare se hanno una massa critica sufficiente a renderli efficienti sia economicamente sia in termini di sicurezza delle prestazioni: «Oggi la coperta è comunque troppo corta»
Favorevoli e contrari all'accorpamento in macro-zone L'opposizione: Piacenza fagocitata. La maggioranza: rischi ma anche chances, è una sfida da affrontare.
(gu. ro. ) «Se facciamo un'unica Usl con un'unica direzione generale da Piacenza a Reggio o a Modena, potrà gestire una comunità così grande, gestire un unico reparto di chirurgia? ». Massimo Polledri (Lega nord) lo ha espresso così tutto il suo scetticismo rispetto al progetto di area vasta in materia di sanità verso cui la Regione ha annunciato di voler andare sulla base di un'esigenza di risparmio e razionalizzazione che i tagli di risorse rendono inevitabile se si vuole dare sostenibilità ai servizi da erogare. Ieri in consiglio comunale è stata un'alternanza tra voci preoccupate e voci fiduciose, le prime provenienti dall'opposizone, le seconde dalla maggioranza. Il presidente della Provincia Francesco Rolleri (Pd) ha esortato a un'unità di intenti allo scopo soprattutto di presentarsi al confronto con la Regione, che entrerà nel vivo dalla metà di marzo, sulla scorta di progettualità condivise espresse da un territorio in grado di valorizzare le sue eccellenza. Lo stesso tasto («Va rilanciato un sistema Piacenza») lo ha battuto il consigliere regionale Gian Luigi Molinari (Pd), come pure il sindaco Paolo Dosi secondo cui l'area vasta va intesa come «riconoscimento» di eccellenze sanitarie piacentine da esportare in altri territori e di specificità di analoga eccellenza da importare da noi. «Un gioco al rialzo», lo ha chiamato. Stefano Borotti (Pd) ha contestato alla minoranza una posizione «ricurva su sé stessa, di difesa un po' piagnona»: «E' vero che c'è il rischio di tagli e di scelte sbagliate, ma consideriamo anche le opportunità in termini di nuovi stili di vita, di prevenzione, di tecnologia, di farmaceutica», ha indicato esortando a «metterci un po' di coraggio nell'affrontare il confronto con la Regione mettendo a punto insieme una visione strategica della sanità». Gli ha fatto eco Michele Bricchi (Pd) mettendo tuttavia in guardia dal pericolo di tagli sconsiderati. Idem Giovanni Castagnetti (Piacentini per Dosi), mentre Guglielmo Zucconi (gruppo misto) si è detto favorevole all'area vasta: «Dobbiamo dircelo una volta per tutte, non possiamo più permetterci un ospedale ogni 15 chilometri». «Così come siamo messi, nell'area vasta ci mangiano», è invece il destino di Piacenza secondo il centrodestra espresso da Filiberto Putzu (Fi): «I nostri pazienti andranno a Parma e Reggio che hanno ospedali di livello maggiore e la fuga dei piacentini verso la Lombardia sarà ancora più forte». Si è associata Lucia Girometta (Fi) citando le lamentele dei pazienti per i tempi di attesa per gli esami e le carenze di apparecchiature in certi reparti del nostro ospedale. Il sindaco di Castelsangiovanni Lucia Fontana si è detta preoccupata che con l'area vasta «si perda il controllo e il contatto con le esigenze specifiche delle singole realtà territoriali». «A che cosa serve l'area vasta? », ha chiesto Marco Colosimo (Piacenza Viva), mentre secondo Tommaso Foti (Fdi) la sanità piacentina parte da condizioni di debolezza che la vedrebbero completamente penalizzata in un accorpamento con le realtà limitrofe dell'Emilia: «In queste condizioni un'area vasta non si può fare». «Piacenza sarà sempre più Parma dipendente che a sua volta è sotto scacco di Modena», ha dato man forte Mirta Quagliaroli (M5s): «Area vasta significa meno servizi per il territorio locale».
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