Reggi è perplesso.
La fuga in avanti del sindaco di Parma, Elvio Ubaldi («Il Comune uscirà da Enìa») lascia Roberto Reggi «perplesso». E, senza voler troppo entrare nel merito di dichiarazioni raccolte mezzo-stampa nella vicina città ducale, il primo cittadino di Piacenza si limita a sottolineare che di ipotetiche dismissioni di quote dei Comuni dalla società multiservizi «non si è mai discusso insieme». Quell'insieme sta per i sindaci di Parma, Elvio Ubaldi e di Reggio Emilia, Graziano del Rio, partner in Enìa.
Inutile dire però che la dichiarazione di Ubaldi fa il botto e alza il velo anche su un umore più generale intorno al tema dei servizi. Al convegno parmense di Federutility, riferito dalla Gazzetta di Parma, Ubaldi dice chiaro e tondo che occorrerà allearsi ad uno dei grandi gruppi presenti sul mercato dell'energia - e cita Aem Milano, Asm Brescia, Iride (Genova-Torino), Hera Bologna - entro primavera 2007 e poi le dichiarazioni clou: «Per un ente come il nostro non c'è più interesse a rimanere dentro Enìa, perché manca la funzione strategica di questa partecipazione». Da qui, l'orientamento, da realizzare in tempi brevi, a recuperare la quota parmense in Enìa che vale 300 milioni di euro, soldi da reinvestire in settori più strategici.
Piacenza non è su questa linea, spiega Reggi. «Per i Comuni è strategico anzi mantenere le proprie quote e garantire servizi di qualità, almeno fino a che non è completato e ben definito il percorso di contratti di servizio, contratti "blindati" a favore della comunità». Forse l'uscita di Ubaldi ha a che vedere con la penuria di risorse pubbliche, ma per Piacenza, nello specifico dei servizi, ci sono funzioni, come quella sulla gestione dell'acqua, da proteggere al massimo. Per la verità, Reggi non esclude che una volta a regime il sistema, una volta garantiti i Comuni - percorso oggi in itinere - si arrivi a modificazioni dell'assetto, perché un'aggregazione ampia significa che le realtà locali conteranno meno, ma un governo pubblico va comunque tenuto saldo. E a dismissioni si può pensare solo quando saranno certi i contratti di servizio «a costi bassi».
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