Referendum per la Lombardia e accorpamento con Parma.
Cinque ore di dibattito, terminato ieri sera, dopo le 21.
Alla fine, ne esce un pacchetto politico e istituzionale che comprende due strade.
Da un lato, la proposta di accorpamento con la Provincia di Parma, e, dall'altro, la richiesta di referendum per passare in Lombardia, la quale sarà trasmessa a tutti i 48 sindaci del territorio, al presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, e a quello della Lombardia, Roberto Formigoni.
Per qualcuno è tenere il piede in due scarpe e fare lo slalom delle ipotesi per evitare di assumere una presa di posizione chiara, per altri - e tra questi il presidente della Provincia, Massimo Trespidi - è una prova esemplare di maturità politica e di democrazia.
Fatto sta che, con 16 voti a favore e tre contrari, è passata la richiesta di referendum (sulla base dell'ex articolo 132 comma 3 della Costituzione, cui, in passato, si è appellato solo Belluno) per il distacco della Provincia di Piacenza dalla Regione Emilia-Romagna e per l'aggregazione in Lombardia.
E, all'unanimità (non ha preso parte alla votazione il consigliere Luigi Gazzola dell'Idv), è passata anche la proposta di negoziare con la Regione e con Parma per una nuova Provincia "Piacenza-Parma".
LA VIA DELL'UNIONE CON PARMA Una Provincia "bifronte"? «Stiamo assistendo alla fase costituente di una nuova Provincia e le proposte non sono in contrasto - precisa il presidente Trespidi, poco prima delle 21 di ieri -, gli ordini del giorno sono il risultato di uno sforzo che la politica ha compiuto, uno sforzo di mediazione, abbiamo raccolto le diverse sensibilità emerse dalla società piacentina e annuncio fin da ora che altre Province ci stanno prendendo a modello, ad esempio quella di Novara». «Ma così si firma la dichiarazione di resa, è come dire "Ci arrendiamo"» dice il consigliere Gazzola, la cui proposta di avviare un progetto sperimentale di accorpamento dei Comuni è stata rifiutata per irregolarità tecnica. «La Provincia di Piacenza non ha una posizione chiara» commenta l'ex presidente della Provincia e capogruppo di "Nuovo ulivo" Gianluigi Boiardi. «Dissento dall'ordine del giorno sull'accorpamento con Parma, lo considero inutile, stiamo assistendo a giochi di equilibrio mai visti» interviene Giampaolo Maloberti della Lega Nord. «Come gruppo consiliare, abbiamo sottoscritto anche l'ordine del giorno sull'unione con Parma - precisa il capogruppo del Carroccio, Thomas Pagani - per senso di responsabilità. Per noi resta la "seconda via", la via maestra è quella del referendum che dia voce ai piacentini». Il consigliere Francesco Marcotti del PdL invita a stare uniti. Lui, sindaco di un territorio di confine come Castelvetro, a pochi metri di distanza dalla Lombardia, si dice pronto a «mandare giù l'unione con Parma, se necessario». Giampaolo Fornasari del PdL alza le barricate a difesa del presidente Trespidi, accusato di aver deciso a giochi fatti. «Non è vero, il presidente ha fatto il suo dovere, i tempi imposti dal Governo sono stati veramente brevissimi». L'ipotesi di Parma, quindi, non piace alla maggioranza, ma viene masticata - dicono - per "senso di responsabilità». «Il percorso, purtroppo, va fatto - dice Antonino Coppolino del PdL -. Non voglio essere pessimista ma realista: Piacenza scomparirà. La legge ci ha inchiodati in un angolo, non lo digerisco».
LA RICHIESTA DI REFERENDUM La richiesta di referendum sarà depositata dai consiglieri Filippo Bertolini del PdL e Thomas Pagani della Lega Nord all'Ufficio centrale referendum della Corte di Cassazione, la quale avrà tempo 30 giorni per dichiarare il referendum ammissibile. Se dichiarato ammissibile, il Ministero dell'Interno comunicherà l'atto alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che, a sua volta, avrà tempo 90 giorni di tempo per individuare, nei 90 giorni successivi, la data delle elezioni. «Il referendum non nasce da un partito ma dalla società civile - dice Pagani -. Ne siamo orgogliosi. Non stiamo votando per andare in Lombardia, stiamo chiedendo ai piacentini di scegliere. Il Pd decide di piegarsi al diktat di Bologna, noi diciamo "Addio Emilia". Basta con Piacenza considerata come un feudo». Elisa Malacalza
25/09/2012
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