LIBERTA' del 13/01/2002 : E' dunque la “governance” la filosofia che può far emergere i progetti di un territorio.
Perché chi esprime una “governance” efficace è più competitivo ed ha maggior potenzialità nello stringere alleanze. Lo dimostrano le aree che in precedenza hanno stipulato accordi territoriali simili al “Patto per Piacenza”.
L'elenco (lusinghiero) comincia dalla Spagna. Qui Barcellona è la veterana, ma in Italia si passa per Torino, Trento, Roma, La Spezia... e si arriva ora a Piacenza.
Capacità di cooperare e concertare è questa la sfida nelle mani dei piacentini. Non è una mera questione formale - ha spiegato il professor Enrico Ciciotti docente di economia alla Cattolica di Piacenza - . Perché i progetti non possono essere calati con «l'imperio». Stanno qui le enormi potenzialità che anche Piacenza ha di fronte con la sigla di questo Patto. Un inizio - ha ricordato il professor Ciciotti - aperto a nuovi contributi successivi e che, fino a questo traguardo, ha esaltato il ruolo attivo dei vari attori che vi hanno preso parte.
71 incontri con 132 componenti coinvolti impegnati in quattro aree strategiche e in 8 gruppi di lavoro hanno, alla fine, prodotto 47 progetti. Sono i numeri che hanno gettato le basi del documento finale siglato ieri a Palazzo Farnese. Numeri che la dicono lunga sulla dedizione che istituzioni, gruppi di cittadini, associazioni hanno voluto dare a questa iniziativa. «Abbiamo fatto un conto veloce - ha precisato il professore - e un'ottantina di persone hanno dedicato volontariamente tante ore, o forse più, di quante ne possa lavorare una persona impiegata a tempo pieno nell'arco di un anno».
I piacentini a questo Patto hanno creduto ed hanno anche dato il segno di una capacità progettuale consistente. Ma quale approdo vuole raggiungere il Patto per Piacenza?
Lo scenario, che va ricondotto agli Stati generali promossi da Comune, Provincia e Camera di Commercio nel marzo del 2001, è la promozione dello sviluppo economico e sociale del territorio piacentino - ha ricordato il professore - attraverso la valorizzazione delle risorse umane e ambientali per realizzare, detto in sintesi, un sistema innovativo e collaborativo dove il benessere diffuso e la qualità della vita ne rappresentino i cardini portanti.
Attenzione, però - ha ricordato ancora - non tutto quello che si può fare a Piacenza si esaurisce nel Patto che propone alcuni obiettivi sui quali si è determinato un consenso diffuso. Sappiamo già in partenza che non tutti i progetti potranno trovare attuazione. Però questo non sarà da considerare uno smacco e non dovrà avere una ricaduta negativa sulla validità del Patto.
E' a questo punto - ha detto - che entra in gioco la politica. A dimostrazione che i Patti come quello di cui è protagonista Piacenza, non sono una sovrapposizione di competenze né una diminuzione di processi democratici. Anzi. Per il professor Ciciotti le opzioni contenute nel Patto sono un terreno trasparente per il confronto delle decisioni e delle scelte successive e costituiscono un valore aggiunto per il processo democratico. La politica? Tranquilli, non viene esautorata dal patto territoriale. Un patto dovrebbe costituire un comune minimo denominatore su quello che si ritiene necessario sviluppare. La realizzazione, ed è qui che interviene la politica, è su un altro piano. Il Patto, per dirla con una metafora, è un po' come una cesta nella quale sono stati messi tanti progetti a cui il pubblico e il privato potranno attingere nei tempi e nei modi che vorranno. L'importante è sapere che quei progetti sono il frutto di una coesione sociale condizione indispensabile per essere forti nella competizione territoriale.
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