Il Giro d'Italia a Piacenza
Che bella Piacenza in rosa. Che si gode il Giro d'Italia in un clima più da festa paesana che da grande competizione sportiva. Com'è fatta una giornata memorabile? E' un cocktail di ingredienti dosati con spontanea sapienza. Prima di tutto ci vuole un bel sole. E quello c'è. Un sole di maggio: non troppo caldo, ma capace di impreziosire con inedite sfumature gli antichi palazzi, i corridori, la gente. Poi occorre un evento con la E maiuscola, proprio come questa corsa ultra-ottuagenaria, capace di evocare suggestioni antiche ma sempre nuove. E infine ci vuole una folla ordinatamente sparpagliata lungo le strade, che ha voglia di divertirsi e di far sentire tutto il proprio affetto ai campioni di uno sport che, nell'immaginario collettivo, è sempre icona di fatica, sacrificio, testarda rincorsa dei limiti umani.
Negli ultimi trent'anni, a Piacenza, una così effervescente, ma nello stesso tempo appassionata partecipazione di gente a un evento ha pochi precedenti: la visita di Sandro Pertini, la vittoria dell'Italia ai Mondiali di Spagna. E l'elenco si ferma. L'ultima "trasferta" piacentina del Giro - nel 1986, con sprint finale sul Facsal - non suscitò tanto entusiasmo. Era un arrivo in volata dopo una tappa lunghissima. I corridori giunsero al traguardo stremati e si "fiondarono" nei rispettivi alberghi. Non ci fu quasi il tempo di assaporarla, quella "giornata rosa".
Mentre ieri, dal mattino fino alla partenza dell'ultimo team in gara, la nostra città è stata davvero la "capitale" del Giro d'Italia. E ha potuto gustare tutti i sapori di una corsa ciclistica che in 89 anni è profondamente cambiata - come il Paese che nel 1908 l'ha partorita e poi resa "mitica" - pur senza perdere il suo straordinario fascino extra-sportivo.
L'EVENTO - È vero che il Giro d'Italia è ormai un avvenimento mediatico prima che una gara di biciclette. In piazza Cavalli, ieri, campeggiavano mega-riproduzioni gonfiabili delle confezioni di una nota marca di the freddo, alte quanto la statua di Ranuccio Farnese (casomai il Duca avesse sete), ma anche auto pubblicitarie sormontate da enormi confezioni di spaghetti, dentifrici, succhi di frutta; in un tripudio di gadget e cappellini, magliette e bandane (ancora inflazionatissima quella del "pirata" Marco Pantani), striscioni e testimonial sorridenti. Qualcuno di questi - ad esempio un "giovanilissimo" Gianni Motta (classe 1943) - capaci di rinverdire in chi scrive (e in chi legge e ha i capelli grigi) il ricordo di strane palline di plastica con le figurine dei ciclisti appiccicate dentro, supremo divertimento estivo sulle spiagge della Riviera (le piste si tracciavano con il fondoschiena di uno dei giocatori trascinato per le gambe da un altro).
UNA FOLLA SENZA ETÀ - Oltre le transenne una folla senza età. I ragazzi della scuola media Dante, ospiti della polizia di Stato per una giornata a metà tra divertimento ed educazione stradale; quelli del Colombini, che - con uno striscione - utilizzano il "palcoscenico rosa" per far conoscere in diretta televisiva la loro protesta; gli alunni del Cassinari, che hanno espresso la loro verve talentuosa con un'estemporanea esposizione di biciclette artistiche in prossimità della rotonda di via Millo (mentre quella di via Colombo proprio ieri è "diventata" fontana); i bambini delle elementari Mazzini che al passaggio dei corridori sfoggiano disegni e magliette da loro stessi realizzati; i loro più piccoli colleghi dell'asilo San Raimondo, appollaiati con le loro insegnanti sul sagrato di San Francesco per vedere meglio. E c'è chi, con la stessa finalità, non ha risparmiato neppure i basamenti della statua di Giandomenico Romagnosi e del monumento al Pontiere, davanti al quale un gruppo di ragazzi rendeva noto con uno striscione che "la banda della briscola c'è". E tanti anziani. I "nonni" dell'ospizio Maruffi, che si sono ritagliati una speciale tribuna d'onore (con sedie e bibite) davanti a un bar di viale Sant'Ambrogio. Ma anche arzilli vecchietti in bicicletta da corsa, spesso con inguardabili e aderentissime tutine fucsia, rosse, gialle. A uno di loro il passaggio della corsa ha giocato un brutto scherzo. Distratto dall'arrivo dei corridori, ha perso di vista la strada ed è finito contro un paletto, in prossimità di piazzale Marconi riportando un profondo taglio al viso e a una gamba per i quali si è reso necessario il suo ricovero al Polichirurgico.
ARDORI AGONISTICI - C'è anche chi - preso dalla "sindrome di Lance Armstrong" - ha tentato inopportuni e peraltro brevissimi inseguimenti dei corridori in gara. Ardori agonistici subito spenti dal nutritissimo servizio d'ordine, con in prima fila i nostri vigili urbani, ma soprattutto con la Polstrada del compartimento Lombardia, da sempre "angelo custode" del Giro con 30 motociclette e 6 auto. Al comando un giovane commissario capo della Polstrada, Delfina Di Stefano, che - tanto per non sfigurare al cospetto delle tante miss che inflazionano il parterre della corsa - è anche una bellissima donna. La "carovana" del Giro (la definizione "zingara" è quanto mai appropriata per un così variopinto universo itinerante) ha mille volti ma una sola voce: quella di David Cicchella, barese, che a dispetto della giovane età (29 anni) si è già fatto tre edizioni della corsa. Ed è stato pure speaker della cerimonia d'apertura delle Olimpiadi invernali di Torino. In mezzo a tanto "effimero" è quasi sorprendente scoprire il volto "sociale" della corsa, che ha la barba e il faccione rosso di "Skippy", 70 anni, australiano di Sidney con tanto di bandiera nazionale sulle spalle), che ha seguito otto Giri d'Italia e sei Tour de France per sostenere i ciclisti suoi connazionali in gara, ma soprattutto per promuovere la causa di quelli come lui, gli atleti disabili. E come dimenticare i volontari, quelli che hanno reso possibile la tappa piacentina. Gente come Luciano Palombi, 66 anni, pensionato ma soprattutto alpino, che presidiava assieme ad altre Penne Nere il tratto compreso tra piazzale Marconi e la Lupa. Pronto già questa mattina a partire per Asiago, dove lo attende un raduno nazionale. Davanti a lui - e ad un incuriosito crocchio di frequentatori della tabaccheria della Torricella - sfrecciano "missili su due ruote" a 57 chilometri l'ora. Partono applausi, coloriti incitamenti e la malcauta esortazione di un anziano, "andì adesi" ("andate adagio"). Giorgio Lambri, Libertà del 12 maggio 2006
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