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2
ottobre
2023
Santi Angeli Custodi



CENTRO STORICO : identità di una comunità.

L'associazione "Piacenza che verrà" assieme al quotidiano La Cronaca di Piacenza organizza :


"CENTRO STORICO. Identità di una comunità. Esperienze a confronto".


Tavola rotonda
presso la Redazione del quotidiano La Cronaca di Piacenza.
Via Chiapponi - Piacenza

Sabato 14 febbraio 2009 ore 15,00-16,30.


Partecipano al dibattito l'architetto urbanista, gli assessori di Parma, Cremona e Piacenza.
Modera e coordina il giornalista Emanuele Galba.
Il dibattito viene registrato da TeleDucato Piacenza.


La tavola rotonda-dibattito è aperta al pubblico.




COSA E' STATO DETTO. IL DIBATTITO.

Dal Quotidiano "La Cronaca di Piacenza" del giorno 15 febbraio 2009 :

Dall’individuazione di piazze espressamente dedicate ai giovani, alla creazione di un vero e proprio “manager” del centro storico.
La formula magica non l’ha ancora trovata nessuno.
Ma il confronto con le diversificate risposte che città per molti aspetti simili alla nostra sono riuscite ad inventarsi, uno spunto di riflessione lo può forse portare al perseguimento dell’obbiettivo comune a tutte le Amministrazioni, di qualunque colore: la valorizzazione del proprio “cuore urbano”.
Con due parole d’ordine: “accessibilità” e “attrattività”, passando attraverso il delicatissimo e annoso problema infrastrutturale.
Parma da una parte.
Cremona dall’altra.
Due approcci ad una stessa questione. Due primi tasselli, forse, che insieme a Piacenza potrebbero avviare quel “fare sistema” anche ieri unanimamente auspicato.
Ed è proprio nel tentativo di promuovere un «costruttivo scambio d’esperienze» che ieri a portare al tavolo la “ricetta cremonese”, è stato Luigi Baldani (vicesindaco con delega al commercio e allo sviluppo economico) mentre Andrea Allodi ha dipinto la situazione di Parma, nel suo ruolo di ex “town center manager” e attuale dirigente del settore attività economiche dell’Amministrazione.

IL MODELLO DI CREMONA -
«Dobbiamo riuscire a far vivere il centro storico, rispettandolo».
Una dichiarazione d’intenti ambiziosa quella con cui Baldani ha introdotto le iniziative messe in campo da un Comune che tuttavia, in tema di cura “anti-desertificazione”, qualche battaglia sembra averla vinta.
«Innanzitutto - ha detto - bisogna bloccare il proliferare dei centri commerciali. soprattutto con questa crisi, significherebbe non vedere la realtà. Bisogna concentrarsi sulle attività di vicinato».
Il tutto, lavorando all’accessibilità del centro, con la creazione di parcheggi «che adesso stiamo finalmente realizzando, portando 570 posti auto a ridosso del Duomo, in piazza Marconi».
Un traguardo tuttavia duramente sudato «dopo 10 anni di sofferenze, con il continuo intervento della Sovrintendenza» e nell’auspicio «che si possano, prima o poi, velocizzare le pratiche che servono a dare risposte ai cittadini».
Senza dimenticare la filosofia di fondo: «Abbiamo lavorato perché ogni giorno le persone abbiano un buon motivo per venire in centro». Ed è così che, accanto alle attività commerciali fisse, vengono creati eventi di richiamo, passati dai 300 di 3 anni fa, ai circa 600 di quest’anno.
«Dalla fase di promozione - ha spiegato il vicesindaco - ora siamo in quella della pianificazione, per evitare il sovrapporsi delle iniziative». Con un occhio di riguardo ai giovani, ai quali è stata “riservata” una piazza, con esercizi attrattivi dove i ragazzi stanno fino a tarda notte».
«Certo - aggiunge Baldani - i residenti si lamentano, ma al disagio abbiamo preferito tenere i nostri giovani in centro città anche la sera». E poi, il fiore all’occhiello per gli appassionati della partecipazione: «il primo laboratorio che mette insieme il Comune e i commercianti, per una pianificazione partecipata che ha portato a grandi risultati».
«Perchè “tranquillità” - ha concluso l’amministratore cremonese - non deve significare “addormentamento”, altrimenti il centro si svuota».
IL MODELLO DI PARMA -
Quanto il centro storico rappresenti una priorità per Parma, lo dimostra anche la creazione di una nuova figura professionale “ad hoc” (il “town center manager”) della quale l’Amministrazione si è fatta carico per cercare di sintetizzare le esigenze di tutti gli attori in gioco. «Perché andare sul posto, nelle botteghe, a sentire i problemi della gente, è diverso dal riceverle nelle stanze dei palazzi», ha spiegato Allodi, che fino a poco fa ha ricoperto il delicato ruolo del Comune e che oggi continua a farlo nelle vesti di dirigente.
«Perché i centri storici devono vincere la sfida nella competizione con gli out-let e i centri commerciali». E la risposta, Parma, l’ha trovata nel “centro commerciale naturale” e, soprattutto, nella creazione di un «contenitore che riesca convogliare tutti gli sforzi, pubblici e privati, che lavorano allo stesso obiettivo».
Si chiama “Gec”, sta per “gestione centro città” ed è una struttura organizzativa sperimentale che mette intorno allo stesso tavolo «il consorzio unico delle associazioni di categoria, l’Amministrazione, i gestori dei parcheggi, l’Università, le fondazioni, tutte le istituzioni».
Anche qui le difficoltà non mancano. «Soprattutto con i proprietari di immobili, che chiedono affitti spropositati, col risultato di avere locali sfitti e di lasciare spazio a negozi cinesi o poco tradizionali».
«Serve quindi una diversa politica urbanistica, che incentivi ad esempio l’insediamento di grandi catene distributive che proprio nei centri stanno cercando spazi». Un’azione alla quale si unisce «il censimento di tutti gli spazi pubblici poco utilizzati, per promuovere iniziative catalizzanti». E le recenti esperienze dei “temporary shop” non sono che un esempio. A questo si aggiunge anche la soluzione che Parma ha trovato per tamponare il degrado di alcune zone «in balìa di kebab e call center».
«Abbiamo aperto uno spazio comunale, una biblioteca multimediale aperta tutto il giorno che la sera diventa “caffé letterario”: questo è il nostro presidio della zona». Il tutto studiando iniziative ad hoc nelle singole zone «più sensibili» e studiando una riqualificazione urbana strutturale e pianificata».
Susanna Pasquali


ll centro storico di Piacenza ha una caratteristica che altre città, anche delle stesse dimensioni, non possono vantare e che da anni ha catalizzato l’attenzione del dibattito politico amministrativo: la presenza di numerose aree militari in via di dismissione. «Grandi parti del centro storico piacentino non sono trasformate. Per questo abbiamo capacità e potenzialità enormi non ancora sfruttate».
E’ stato l’architetto piacentino Luca Rocca, torinese d’adozione, a ribadire ieri il liet motiv solleticando in tal modo l’attenzione dei “cugini” parmigiano e cremonesi su un “tesoro” urbanistico di cui le loro realtà, pur apparendo attualmente più “mature” della nostra, non possono godere senz’altro nella stessa misura. «Una peculiarità da tenere in considerazione - ha fatto presente Rocca - è che molte di queste aree militari hanno la conformità di cunei che si infilano nel centro storico».
L’analisi delle problematiche inerenti il centro storico non può prescindere dall’interconnessione di tre elementi, risultati chiave in tutti gli interventi che si sono susseguiti alla tavola rotonda: identità del centro storico
«Occorre - ha proseguito l’architetto - attuare politiche coordinate per portare gente in centro storico e “costringerle” a non usare l’auto». E di certo, la constatazione fatta da Rocca subito dopo non sembra certo andare in quella direzione.
«A Piacenza si sta verificando una fuoriuscita dal centro da parte degli utenti e dei servizi essenziali. La delocalizzazione di una serie di servizi generali di comunità provoca l’uscita non solo di chi in esse ci lavora, ma anche e soprattutto di chi viene attirato».
Palese il riferimento alla chiusura di molte attività commerciali, ma soprattutto alla scelta dell’amministrazione comunale di costruire il palazzo unico degli uffici comunali all’ex Unicem. A conclusione del suo intervento Rocca ha suggerito la valorizzazione e riqualificazione di una zona del centro storico di Piacenza «particolarmente interessante dal punto di vista urbanistico, quella tra via dei Pisoni e piazzale Roma («attualemnte caratterizzata da una proprietà multicolore»), oggi praticamente inutilizzata.
Marcello Pollastri
m.pollastri@cronaca.it


Un pubblico “qualificato” quello che ieri pomeriggio ha preso parte alla tavola rotonda organizzata nella redazione di Cronaca dall’associazione “Piacenza che verrà”.
Da Francesco Valenzano, presidente di Italia Nostra, a Giuseppe Marchetti, presidente del Rotary delle valli Nure e Trebbia, fino a Mauro Saccardi, della Circoscrizione 1 e Giovanni Struzzola, direttore dell’Unione commercianti.
Immancabile anche la presenza di Filiberto Putzu, nella sua duplice veste di socio dell’associazione e consigliere comunale, accanto al presidente di “Piacenza che verrà”, Luigi Mori.

Una partecipazione che ha arricchito il dibattito con interventi e riflessioni.
A cominciare proprio dal contributo di Giuseppe Marchetti che, nel suo ruolo di esperto “geomorfologo” ha ricordato alcune delle caratteristiche più preziose ma meno pubblicizzate del nostro centro. «Una caratterista storico - topografica straordinaria, molto simile a quella di Pavia, con un centro che sorge sulle tre scarpate di Palazzo Farnese, via Borghetto (e la zona della Muntà di ratt) e via Benedettine. Ma anche la meravigliosa presenza di canali sotterranei che ci contyraddisgue. Tutti aspetti che non solo vorrei non fossero rovinate ma che anzi in futuro mi piacerebbe vedere valorizzate».
Inevitabile anche il pungente intervento di Giovanni Struzzola che ha approfittato dell’occasione per qualche provocazione al nostro assessore Pierangelo Carbone:
«Posto che si sta andando verso la pedonalizzazione dei centri storici e che noi siamo assolutamente favorevoli, riteniamo opportuno che, prima di allargare le zone a traffico limitato, debbano essere create le condizioni in termini di trasporto, parcheggi e accessibilità in genere». Riflessioni alle quali non ha mancato di aggiungere una frecciata: «perché non troviamo giusto che piazza Sant’Antonino venga riabilitata a parcheggio solo per il Teatro Municipale e non per le attività commerciali che, a confronto, creano ben più reddito».
«Il centro è un cuore pulsante composto da diversi fattori: non si può ragionare per compartimenti stagni» ha suggerito anche Mauro Saccardi.

A tirare le fila degli interventi ci ha pensato Filiberto Putzu:
«L’accessibilità di un luogo non basta a invogliare la gente ad andarci.
L’accessibilità infatti è strettamente legata all’attrattività e, di conseguenza, alla propaganda e al marketing.
Servono precise politiche ambientali, scelte urbanistiche legate all’arredo, risposte per la sicurezza e qualità dei servizi, senza dimenticare la cutlura e i giovani: categoria prioritaria per la sopravvivenza del centro.
Ma soprattutto, serve un confronto tra 3 soggetti: oltre all’Amministrazione e alle categorie economiche, devono avere voce in capitolo anche i cittadini.
Fondamentale, poi, riuscire a fare sistema con le realtà urbane simili a noi e vicine perché nell’aggregazione sta la grande risorsa».

(da La Cronaca del giorno 15 febbraio 2009)



pubblicazione: 15/02/2009
aggiornamento: 29/06/2009

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