«Inefficienti». Sono etichettati così, i presidi sanitari di Bobbio e Castelsangiovanni, come vuoti monumenti allo spreco. Le due strutture sanitarie, considerate invece tra le più nevralgiche dal territorio piacentino, sono ancora una volta finite nella lista nera del Ministero della Salute dove sono indicati i 175 ospedaletti che dovranno chiudere i battenti, se ci sarà l'ok delle Regioni e del Governo.
La colpa? Sia il centro ospedaliero di Bobbio sia quello di Castelsangiovanni hanno meno di 120 posti letto. A rischio, sull'altra sponda del Po, anche le strutture ospedaliere di Codogno (113 posti) e Casalpusterlengo (79). Ma sindaci, amministratori e i camici bianchi di ogni schieramento politico si dicono già pronti a scendere in piazza con i forconi, se necessario, per scongiurare l'ipotesi, riportata ieri dal quotidiano La Stampa.
I NUMERI PER LA CHIUSURA. In tutta la regione Emilia-Romagna, da Piacenza a Rimini, sono solo tre le strutture a rischio e due sono nella provincia di Piacenza: particolarmente in pericolo sembra essere quella di Bobbio, innanzitutto, che ha, sì, solo 22 posti letto ma conta anche un pronto soccorso ed è centro specializzato nella cura dell'osteoporosi, oltre ad essere l'unico ospedale di montagna ancora presente nel Piacentino; Castelsangiovanni, con 116 posti letto, quindi fuori target solo per 4 posti, e, infine, l'ospedale Santa Maria di Borgotaro, quindi nel Parmense. L'ultima parola spetterà comunque al Patto per la salute, che il ministro Beatrice Lorenzin vorrebbe siglare con le Regioni prima di Natale, per poi inviarlo in Gazzetta sotto forma di decreto. La Regione, nei giorni scorsi, aveva già parlato ai sindacati di riduzione del numero di ospedali: 25 ospedali su 61, quelli che non superano i 200 posti letto, secondo la Regione, dovrebbero essere infatti trasformati, diventando ospedali di comunità. "SENZA DI NOI CROLLA IL SISTEMA". Per il sindaco di Castelsangiovanni, Carlo Capelli, dopo le chiusure di Borgonovo e Cortemaggiore, Piacenza ha già sufficientemente dato. «Senza il presidio sanitario di Castello l'intero sistema sanitario piacentino crollerebbe come un castello di carta, soprattutto ora che Fiorenzuola sembra stato messo fuori uso per almeno due anni - commenta il primo cittadino - iI nostri servizi funzionano benissimo, e, anzi, l'ospedale è stato a settembre potenziato con l'acquisto di una risonanza magnetica dal costo di 800mila euro. A luglio, dopo il rifacimento del Pronto soccorso e della Terapia intensiva, sono state create tre nuove sale operatorie e un ingresso pedonale più funzionale per i fruitori dell'ospedale». UN DATO: MOBILITÀ ATTIVA AL 30%. Il bacino di utenza (Distretto Valtidone) dell'ospedale è di circa 50mila abitanti, che risiedono in 14 Comuni; dalla Lombardia arriva circa il 30 per cento dei pazienti. L'obiettivo del primo cittadino, ora, è quello di verificare il più prima possibile la provenienza della lista in mano al Ministero della Salute. «Non ne sapevamo niente, sarebbe davvero il colmo se ci chiudessero - prosegue Capelli -. Diciamo tanto "No agli sprechi" e poi buttiamo a mare tutte gli investimenti fatti sull'ospedale di Castelsangiovanni? È impensabile anche solo credere che Piacenza possa diventare l'unico centro sanitario del Piacentino».
Elisa Malacalza, Libertà, 09/12/2013
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