Clima teso, come c'era da aspettarsi, ieri in consiglio comunale alla ripresa dei lavori dopo la burrascosa approvazione del bilancio 2006 il 22 di dicembre. L'intera opposizione si è presentata con appuntati addosso adesivi con la scritta "dimissioni", elequente messaggio unanimemente indirizzato al presidente dell'assemblea Benedetto Ricciardi, "colpevole" di avere dichiarato non ammissibili i 375 emendamenti alla manovra economica quasi tutti presentati dal centrodestra. E in tre, nelle comunicazioni a inizio seduta, hanno preso la parola per tornare ad attaccare la decisione del presidente che ha consentito di neutralizzare il serrato ostruzionismo dell'opposizione sul bilancio e di far centrare alla maggioranza l'obiettivo dell'approvazione entro Natale. La maggioranza non ha fiatato, solo sul banco di Edoardo Piazza (Piacentini Uniti) è spuntato, in risposta agli adesivi, un ciclostilato con "Bravo Ricciardi" in segno di solidarietà al presidente. Ma ieri l'Unione ha dovuto fare i conti anche con prese di distanze provenienti dal proprio interno, perché così è suonato l'intervento di Massimo Silva.
Non è la prima volta che l'esponente della Margherita si distingue dalla coalizione, ad esempio lo ha fatto ogni volta che si è parlato della convenzione con la Fondazione Toscanini per la gestione del teatro Municipale, che ha sempre guardato con estrema diffidenza (ne ha dato prova anche ieri snocciolando una serie di dati tesi a dimostrare che i contributi regionali all'ente musicale sono sensibilmenti aumentati nel corso degli ultimi anni, per cui sbaglierebbe chi, come l'assessore Giovanna Calciati, oggi lamenta una complessiva contrazione dei fondi dovuta al taglio delle erogazioni nazionali allo spettacolo). Ma ora quello di Silva assomiglia a un progressivo smarcamento dalla maggioranza, quasi a dar ragione a chi lo colloca in quell'area della Margherita ancora così legata all'ex leader Dario Squeri da essere continuamente tentata di seguirlo nel Cpe, la sua nuova creatura politica che gravita nel Polo. Sta di fatto che ieri, sulla vicenda del bilancio, Silva ha dato voce a quel disagio che probabilmente non solo lui tra le file dell'Unione ha vissuto di fronte alla cancellazione in blocco degli emendamenti. Due dei quali, oltretutto, portavano la sua firma. È vero che il bilancio l'ha votato e insieme a tutta la coalizione ha tenuto duro nelle maratone notturne per non far mancare il numero legale, e tuttavia ha parlato di «delusione» per non aver potuto discutere le sue proposte di modifica, delusione solo parzialmente compensata dall'approvazione dell'ordine del giorno (su un'area della Veggioletta) da lui presentato e ostinatamente mantenuto al dibattito nonostante tutti gli altri esponenti dell'Unione avessero ritirato i loro per non fornire ulteriori spazio all'ostruzionismo dell'opposizione. In qualche modo, dunque, la «difficoltà del bilancio è stata superata», ma «davanti abbiamo un anno molto difficile perché ci sono nodi e temi non semplici da risolvere». Questo il monito che Silva ha inteso oggi fare ai suoi volgendo lo sguardo al 2006 ed elencando tutte le spine all'orizzonte: dall'urbanistica, con il ventilato progetto di outlet a Le Mose o il palazzo degli uffici per il quale l'amministrazione ha conferito un doppio incarico professionale che incontra resistenze o il sofferto accordo per il trasferimento a Borgoforte degli sfasciacarrozze di via XXI Aprile, alla lottizzazione di «una fantomatica area industriale di cui tanto si parla quando ancora ai Dossarelli o alla Veggioletta ci sono terreni invenduti», dall'approvazione del nuovo regolamento della polizia municipale all'«opportunità» di sperimentare asfalti che assorbono l'inquinamento.
Amministrazione avvisata dunque, non sarà solo l'opposizione a dare filo da torcere. Opposizione che, dal canto suo, in aula, come si diceva, non ha fatto mancare un'altra razione di critiche alla maggioranza sull'onda del caso Ricciardi. Emilio Gorgni , Antonio Levoni, Carlo Mazza (tutti e tre del gruppo misto) hanno dato nuovo fiato al malessere per la «mortificazione» a loro dire ricevuta in aula prima di Natale. Andrea Pollastri (Forza Italia) ha anche sollevato una questione procedurale che getterebbe ulteriore ombra sulla strada seguita nell'occasione. Tutti giurano battaglia, ma per cercare di darsi una linea univoca da tenere d'ora innanzi, la minoranza ha convocato un vertice a fine seduta. E, da quanto si è appreso, ne è uscita la decisione di tenere, sì, una posizione di opposizione severa e intransigente e pronta a ricorrere nuovamente all'ostruzionismo, ma non sempre e comunque, bensì solo su questioni giudicate di interesse vitale. Ad esempio la protesta dei pendolari contro l'orario ferroviario che sarà dibattuta in consiglio lunedì prossimo.
Sempre al centro degli attacchi, il presidente Ricciardi in aula non ha voluto replicare. Lo ha fatto però ai microfoni di Telelibertà tornando a difendere la legittimità della «stretta osservanza del regolamento» a cui si è attenuto nel dichiarare inammissibili gli emendamenti e sfidando l'opposizione a impugnare davanti al Tar la sua decisione: «Mi dimetterei un istante dopo che i giudici amministrativi bocciassero il mio operato, ma mi aspetterei altrettanto, nel caso dovessero promuoverlo, da chi avesse presentato ricorso. E però mi domando: perché non lo fanno?». Gustavo Roccella, Libertà del 10 gennaio 2006
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