Vicesindaco e assessore si dimettono e accusano: questo rimpasto è una pagliacciata.
Il rimpasto? Una «pagliacciata» messa in piedi dall'esterno del Comune, con la regia renziana di Roberto Reggi e di qualche suo «ventriloquo» interno alla giunta che, sull'onda delle recenti vittorie congressuali, hanno deciso di fare piazza pulita dei «presunti guastatori» azzerando l'area bersaniana.
Il «cambio di passo» tanto invocato da renziani come il neo segretario provinciale Gian Luigi Molinari? Un pretesto bell'e buono se nel mirino finiscono gli assessori scomodi, perché il difetto sta nel manico, la spiegazione delle debolezze dell'azione di governo è tutta nell'«inadeguatezza» del sindaco, nella sua «incapacità» di affrontare con rapidità e risolutezza i problemi politico-amministrativi acuiti dalle asperità della crisi economica e dei tagli di risorse: la vera zavorra che «frena» il Comune si chiama Paolo Dosi.
Durissimi i giudizi di Francesco Cacciatore e Giovanna Palladini all'indirizzo del sindaco e dell'area del Pd a lui più vicina, la maggioranza renziana. Li hanno espressi ieri pomeriggio in una conferenza stampa in cui hanno annunciato le loro dimissioni da assessori e, nel caso di Cacciatore, da vicesindaco. Un atto «simbolico», hanno riconosciuto loro stessi, dal momento che la volontà di ritirare loro le deleghe Dosi gliel'ha comunicata il giorno prima nei colloqui individuali che sta avendo con tutti i componenti della giunta in vista del rimpasto che conta di chiudere entro lunedì.
Simbolico, ma dal valore politico pesantissimo: tu ci sfiduci? No, siamo che noi che ti sfiduciamo anticipando l'uscita di scena con parole di fuoco. Questo il senso delle dimissioni degli ormai ex assessori, entrambi bersaniani come gli altri due loro compagni di area prossimi al siluramento, Pierangelo Romersi e Silvio Bisotti (anche se sul destino di quest'ultimo restano delle incognite).
«Siamo in presenza di un sindaco inadeguato che, manifestamente sotto dettatura, tenta di motivare con esigenze di coesione di giunta un'operazione che non c'entra nulla con i problemi della città, che ha un copione scritto fuori dal Comune e imposto a Dosi», è stato l'esordio al veleno di Cacciatore che ha sottolineato come «nessuna contestazione di merito» sul loro operato sia stata mossa dal primo cittadino.
«Gliel'ho chiesto nell'incontro a due», è stata Palladini ancora più esplicita sul punto, «perché mi rimpiazzava, e non ha saputo rispondermi se non con la "necessità di adeguarsi a un contesto".
In precedenza, quando ha criticato il nostro sostegno alla candidatura di Roberta Valla alla segretaria provinciale del Pd, gli ho chiesto se riteneva che dovessi dimettermi. Ma mi ha rassicurato che per lui tutto restava come prima. Gli ho pure chiesto che senso abbia avuto, il 23 dicembre, la cena degli auguri a casa sua con tutta la giunta (anche se mancavano due assessori le cui assenze ora capisco che non erano casuali) se già aveva deciso di estrometterci: "Era l'ultimo tentativo per tenere tutto insieme", mi ha risposto. Ma ora mi risulta chiaro il motivo del libro che nell'occasione mi ha regalato: "L'amicizia pura" di Simone Weil. E' cioè evidente che lui ha subito pressioni a cui non ha saputo resistere».
«Risibili», anche secondo Palladini, le motivazioni con cui Dosi ha giustificato il rimpasto: «Mi ha spiegato che serve una squadra più omogenea, meno litigiosa, ma forse non bisogna più discutere se si hanno opinioni diverse? La verità è che è stato un anno e mezzo di grande sofferenza, segnato sin dall'inizio da quell'esordio burrascoso della formazione della giunta: tutte le questioni più importanti, che potevano essere prese con rapidità, sono state frenate dall'indecisione del sindaco, da palazzo uffici all'asilo Vaiarini. Ieri (mercoledì per chi legge, ndr) davanti a me ha ammesso che è dovuto alla sua incapacità di fare sintesi. E in effetti nelle sedute di giunta non ha mai detto la sua opinione sugli atti che portavamo, non c'è mai stato un suo effetto di traino. Se c'erano opinioni divergenti, puntualmente la pratica veniva rinviata».
Cacciatore, in proposito, ha allargato l'analisi parlando di «una cappa ideologica che grava da anni sul Comune e che è basata sulla continuità delle grandi scelte, vere o presunte, fatte dalle precedenti amministrazioni: molte erano da me condivise, ma non si può perseguirle al di là del bene e del male quando le condizioni di fattibilità non esistono più». Riferimento ai progetti ereditati dalle giunte Reggi, in primis palazzo uffici («Non si può impiegare un anno e mezzo per capire che non è più fattibile») fino al dietrofront sulla piscina olimpionica: «Molte di queste scelte si sono fermate perché sono emersi dei problemi legati alla crisi economica, non possono essere liquidati dicendo "volete tornare indietro". Purtroppo il sindaco ha subito questa situazione di continuo tira e molla, ne prendiamo atto, ma non si può andare avanti così, non è il paese dei balocchi».
«Non è un caso se il primo a parlare di rimpasto dopo le primarie nazionali del Pd è stato Roberto Reggi», ha incalzato l'ex vicesindaco. E Palladini al vetriolo: «Reggi ha preso la mira, Molinari ha alzato il grilletto e Dosi ha sparato». «Pur se con l'amarezza di chi ha lavorato con onestà e ha visto calpestata la sua dignità, auguro al sindaco e alla nuova giunta di lavorare bene e di risolvere i problemi», ha aggiunto prima della chiosa di Cacciatore: «Se il tappo siamo noi, per l'interesse generale le poltrone le liberiamo. Anch'io spero che il nuovo assetto di governo possa superare i problemi, sapendo però che adesso non ci sono più alibi per il raggiungimento degli obiettivi di mandato». Gustavo Roccella LIBERTA' del 11/01/2014
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