da La Stampa del 22 luglio 2010
La novità dell’indagine Istat 2008 sul raddoppio dei divorzi è che hanno cominciato a lasciarsi anche i vecchi. I diversamente imberbi, scusate.
Aumentano a dismisura le separazioni dove uno o entrambi i combattenti hanno superato i sessant’anni. Sulla carta di identità, naturalmente. Non nello spirito e tantomeno negli appetiti.
Un signore piuttosto anziano mi disse, tempo fa: «Continuo a inseguire le belle ragazze, ma non ricordo più perché». Sono sicuro che oggi con qualche pillolina gli farebbero tornare la memoria. Il prolungamento della vita e il miglioramento della sua qualità hanno infranto l’ultima certezza: che una coppia che aveva resistito insieme per decenni, scollinato asprezze esistenziali e sopportato compromessi e tradimenti reciproci, potesse trascorrere in quiete l’ultimo scorcio. Trovando, dietro lo spegnimento definitivo dell’incendio erotico, il fuoco tiepido ma inestinguibile dell’amore. Non è più così e basta fare una passeggiata a Macherio per avere la più augusta, anzi la più cesarea delle conferme.
L’inchiesta Istat conferma l’ottimo stato di salute di altre figure non così nuove, ma pur sempre abbastanza recenti, di divorziati cronici. La Single di Ritorno, donna ancor giovane che una volta raggiunta l’indipendenza economica si libera dell’appendice maritale e si ricostruisce una vita con figli o senza, accompagnandosi a maschi fissi oppure variabili. E i Ciao-come-sto, due Io che non riescono a diventare un Noi perché non accettano di sacrificare il proprio egoismo sull’altare di un progetto comune e, appena si affievolisce la passione erotica (come i governi, di rado sopravvive ai tre anni) smettono di coniugare i verbi al futuro e incominciano a tradirsi a vicenda, tenendo in piedi una caricatura di famiglia a beneficio esclusivo della prole, fino a quando la finzione si sfascia e si finisce tutti davanti al giudice infelici e scontenti (anche degli amanti).
Ma la categoria degli anziani per sbaglio è davvero l’ultima moda. Il signore e la signora di terza età che non si accontentano di ricordi e vanno in cerca di stimoli, inseguendo nuovi amori con l’entusiasmo e l’afflato possessivo dell’adolescenza.
Inutile scandalizzarsi. Se il vangelo coniugale degli italiani rimane Califano («E tutto il resto è noia»), invece di Battiato («Cerco un centro di gravità permanente che non mi faccia più cambiare idea sulle cose e sulla gente»).
Se un esperto del ramo come Alberoni - intervistato dal nostro Michele Brambilla - dichiara che è sacrosanto pretendere sempre dall’amore «passione, intensità e brividi».
Se le emozioni, al cui dominio mutevole e isterico ci ha educato fin da piccoli la cultura della pubblicità, continuano a prevalere sui grandi latitanti della nostra epoca, i sentimenti.
Ecco, se queste sono le nuove regole del gioco, diventa quasi inevitabile che una coppia di infelici, dopo essersi lungamente detestata, possa finalmente coronare il proprio sogno di non amore per andare a rifarsi una vita come ci si rifà un naso o un nuovo tesoretto sessuale a base di pillole miracolose.
Nessuna nostalgia. Anche perché ogni epoca coltiva le sue, e in un futuro non troppo lontano potremmo persino trovarci a rimpiangere i tempi in cui a centodue anni si restava a russare sul seggiolone del tinello invece di andare in discoteca con la sedia a rotelle e la badante brizzolata. E non consideriamo eroi i nostri avi soltanto perché invecchiavano insieme. L’eternità finiva prima, a quei tempi. Era comodo giurarsi fedeltà per tutta la vita, quando fra guerre ed epidemie la vita durava meno di un monologo di Celentano. La formula che andrebbe letta adesso agli sposi è questa: vuoi tu abbracciare sempre e soltanto lo stesso corpo per i prossimi cinquant’anni, finché noia, botox o viagra non vi separi? Chi risponde di sì e poi mantiene la parola, quello è il vero eroe.
MASSIMO GRAMELLINI
I DATI. A rischio rottura matrimoniale le unioni di lunga durata: è quasi triplicato dal 1995 al 2008 il numero delle coppie unite da oltre 25 anni che decidono di separarsi e cominciare una nuova vita fuori dal matrimonio. Allo stesso tempo calano, invece, le separazioni entro i cinque anni di matrimonio, dal 24% al 17%.
Nel complesso, in Italia si separa una coppia su quattro. Un dato che continua a crescere nel tempo: nel 2008 le separazioni sono state 84.165 (+3,4% rispetto al 2007) e i divorzi 54.351 (+7,3%). Un incremento - osserva l’Istat - avvenuto in un contesto in cui i matrimoni diminuiscono e quindi è imputabile a un effettivo aumento della propensione alla rottura dell’ unione coniugale. Rispetto al 1995, in particolare, le separazioni sono aumentate di oltre una volta e mezza (+61%) e i divorzi sono più che raddoppiati (+101%).
La durata media del matrimonio, al momento della separazione, è di 15 anni (sale a 18 anni quando si arriva al divorzio).
Differenze si rilevano a livello regionale: si va da un valore minimo di 186,3 separazioni per mille matrimoni che caratterizza il sud a un massimo osservato nel nord-ovest con 363,3.
Nel 1995, solo la Valle d’Aosta registrava più di 300 separazioni per mille matrimoni mentre nel 2008 si collocano al di sopra di questa soglia quasi tutte le regioni del Nord (tranne il Veneto), la Toscana (350,5) e il Lazio (378,4). Tra le regioni del Mezzogiorno, incrementi particolarmente consistenti si sono registrati in Molise (da 32 a 228,6) e in Abruzzo (da 125,9 a 279,3). Valori contenuti nelle altre regioni: dal 48,1 al 13,7 in Calabria, dal 53,3 a 152,2 in Basilicata, dal 70,1 al 182 in Campania, dal 76,7 a 197,1 in Puglia.
L’età media alla separazione e' 45 anni per i mariti e 41 per le mogli; in caso di divorzio raggiungono rispettivamente 46 e 43 anni. La classe di età più numerosa è quella compresa fra i 40 e 44 anni sia per i mariti (22,2% del numero totale), sia per le mogli (21,8%). Solo nove anni prima ricadeva invece nella classe 35-39.
Fra l’altro, dal 2000 al 2008 il numero delle separazioni con uomini over60 è passato da 4.247 a 7.747; nello stesso periodo, le donne con più di 60 anni, coinvolte in una separazione sono più che raddoppiate, da 2.555 a 4.892.
Di solito il procedimento scelto dai coniugi è quello consensuale: l’86,3% delle separazioni nel 2008 e il 77,3% dei divorzi. Nel 70,8% delle separazioni e nel 62,4% dei divorzi si ‚ trattato di coppie con figli; nel 78,8% dei casi si Š fatto ricorso all’affido condiviso e solo nel 19,1% dei casi i figli sono stati affidati esclusivamente alla madre. I figli coinvolti nelle crisi coniugali sono stati 102.165 nelle separazioni e 53.008 nei divorzi. Nelle separazioni, in oltre la metà dei casi (52,3%), il figlio ha meno di 18 anni; il 56,2% ha meno di 11 anni.
Ma perchè si separano gli italiani? Considerando solo le separazioni giudiziali, l’80,8% di queste è dovuto all’ «intollerabilità reciproca alla convivenza»; il 15,7% con addebito al marito, il 3,5% con addebito alla moglie. L’aumento delle separazioni riguarda anche le coppie miste ma con ritmi ridotti.
L’apice si è toccato nel 2005 quando erano state 7.536 contro le 4.266 del 2000, con un incremento quindi del 76,7%. Non tutte le separazioni legali finiscono con un divorzio (il 99,1%). Nel caso in cui si decide di arrivare al divorzio, la decisione si prende in un arco di tempo relativamente breve: per il 71,2% dei divorzi fra la separazione e la domanda di divorzio è stato inferiore ai cinque anni.
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