di Marcello Sorgi
Il gran lavoro di pompieri e pontieri e il cordone sanitario stretto attorno a Fini e ai finiani nella lunga giornata di ieri non deve ingannare: dietro l’apparente disponibilità a trovare un compromesso, le condizioni di Berlusconi sono chiare.
Non a caso il premier ha voluto illustrarle personalmente nella conferenza stampa organizzata alla fine del vertice-fiume del Pdl.
Dopo ore e ore in cui circolavano voci che il Cavaliere avrebbe approfittato dello strappo del presidente della Camera per metterlo fuori dal partito, riservandogli un trattamento analogo a quello adottato con Casini e l’Udc alla vigilia delle ultime politiche, Berlusconi invece ha rivolto a Fini un appello a tornare indietro sui suoi passi, un calendario più serrato delle riunioni degli organi dirigenti e un congresso del Pdl di qui a un anno e mezzo.
Se il problema era ed è quello di un funzionamento più tradizionale del partito nato sul famoso predellino di Piazza San Babila, Berlusconi, a denti stretti, e pur essendo convinto che si tratta di un pretesto, è disposto tuttavia a mollare.
Anche perché è l’unico modo di andare a veder le carte del cofondatore.
Se invece Fini insiste per costituire gruppi parlamentari autonomi, si accomodi, ma dev’esser chiaro che diventerebbe incompatibile con il suo attuale ruolo di presidente della Camera.
Non è Berlusconi che lo sfratta: è obiettivo che non si può essere contemporaneamente leader di un gruppo e capo di un’assemblea parlamentare.
E se proprio Fini è deciso a rientrare in politica, il Cavaliere è disposto a prendere per buono anche il suo impegno a non far cadere il governo e a metterlo alla prova nel nuovo ruolo di alleato esterno del Pdl.
In realtà Berlusconi sa che il governo in questo caso non avrebbe vita facile, dovendo negoziare giorno dopo giorno ogni suo provvedimento con un nuovo soggetto.
E punta sul fatto che nei prossimi giorni il cofondatore potrebbe accorgersi che mettere insieme i cinquanta deputati e diciotto senatori annunciati giovedì sera non è poi così facile come sembra.
Quand’anche Fini ci riuscisse, se i suoi gruppi finissero col rendere la vita impossibile al governo, difficilmente poi potrebbero presentarsi davanti agli elettori a chiedere voti, specie dopo aver provocato una crisi che porterebbe diritto alle elezioni anticipate.
Così, dietro le parole accomodanti del documento del Pdl e lo sforzo di buone maniere del premier in conferenza stampa, i problemi sono rimasti intatti. E tutto sarà legato ai numeri che Fini sarà in grado di mettere insieme nei prossimi giorni. Il suo futuro politico o la dura strada della ritirata dipendono solo da quelli.
(da La Stampa del 17 aprile 2010)
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