«Non ci sarà nessuna crisi di governo e non ci saranno nuove elezioni, c’è molto lavoro da fare in Italia e in Europa e sono fiducioso di concludere la legislatura».
Il giorno dopo la nascita dei nuovi gruppi parlamentari di Gianfranco Fini, Silvio Berlusconi sotterra l’ascia di guerra e lancia messaggi distensivi al mondo politico e rassicuranti ai mercati internazionali.
Il presidente del Consiglio, raggiunto al telefono nella sua casa romana, ci tiene a spiegare che lo strappo con Fini non significa la rottura della maggioranza di governo e nemmeno l’inizio di una nuova conflittualità. Piuttosto, può essere letto anche come «un elemento di chiarificazione necessario per una convivenza meno tormentata».
Per questo non solo non vede all’orizzonte, che si tratti di novembre o della primavera prossima, un ritorno degli italiani alle urne, ma nemmeno l’ipotesi di un governo tecnico che rifiuta categoricamente.
Il premier non pensa a un agosto di guerre combattute sulle pagine dei quotidiani e in televisione, e se anche ne avesse avuto la tentazione, a fargli cambiare idea è stata la lettura dei giornali stranieri che «danno un’immagine molto pericolosa e falsata della situazione politica italiana» quando parlano di governo a fine corsa e di caos istituzionale.
La preoccupazione di Berlusconi è che uno scenario incerto, instabile e conflittuale possa ledere la sua immagine ma soprattutto quella dell’Italia e scatenare gli appetiti degli speculatori internazionali che quest’anno si sono già esercitati contro la Grecia, la Spagna e il Portogallo. È tempo di messaggi chiari, che arrivino ai mercati prima delle emissioni di titoli di Stato che si terranno la prossima settimana, perché sarebbe rovinoso veder schizzare gli spread, vedere il costo del nostro debito aumentare, giusto pochi giorni dopo aver approvato una manovra pensata proprio per rassicurare l’Europa e i mercati.
Una preoccupazione che accomuna Palazzo Chigi, il Tesoro e il Governatore della Banca d'Italia e che spinge il premier a fare chiarezza subito sulle sue intenzioni e su quelle dei deputati e dei senatori che hanno aderito ai nuovi gruppi «Futuro e Libertà».
La foto che Berlusconi scatta della situazione che si è venuta a creare in Parlamento mostra «una maggioranza che non ha problemi al Senato, dove è solida e non corre rischi» e che alla Camera «può godere della fiducia e del sostegno del nuovo gruppo». Il segnale che il premier ha più apprezzato è stata la scelta del nuovo capogruppo di Fini a Montecitorio - Giorgio Conte - che non fa parte di quei tre che più gli hanno fatto la guerra (Bocchino, Granata e Briguglio) e che prima della rottura erano stati deferiti ai probiviri.
Il Cavaliere sottolinea che i parlamentari usciti dai gruppi del Pdl sono rimasti nel partito e si sono impegnati «a sostenere la maggioranza, a garantire la fiducia al governo e a votare per tutti quei provvedimenti che fanno parte del programma concordato prima delle elezioni».
«Su questo - precisa - c'è sintonia, mentre su tutte quelle proposte che non erano parte dell’accordo con cui sono state vinte le elezioni si discuterà per trovare punti di intesa».
Anche per questo il voto sul disegno di legge sulle intercettazioni «è stato rinviato all'autunno», ma Berlusconi non nasconde il fastidio per i cambiamenti che «lo hanno stravolto e che lo rendono inutile». «Angelino Alfano - ironizza - aveva mandato in Parlamento un purosangue, ma dopo le molteplici cure a cui è stato sottoposto ne è venuto fuori un ippopotamo».
Dopo giorni in cui il presidente del Consiglio ha avuto toni cupi e ultimativi, in cui hanno prevalso i falchi e i consiglieri più inclini alla resa dei conti, ora sembra essere completamente cambiato lo spartito.
«Non ho nessuna preoccupazione per la tenuta della maggioranza e del governo e non dubito della lealtà dei parlamentari che sono stati eletti con il Popolo della Libertà. ».
«Ma ha senso - prosegue ragionando a voce alta - che vada alle elezioni un governo guidato da un premier che gode del 60 per cento della fiducia dei suoi concittadini, in assoluto la più alta d’Europa, in un momento come questo? La mia autorevolezza in Europa è riconosciuta e abbiamo dimostrato di essere ascoltati, basti ricordare il nostro successo quando ci siamo opposti alla tassazione obbligatoria delle banche o all’aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie. Ora abbiamo ancora molte cose da fare qui in Italia, dove dobbiamo portare avanti il programma, ma anche in Europa, a partire dall’incremento dell’età pensionabile».
Difficile però pensare che si possano stemperare i toni dopo mesi di accuse reciproche, dopo campagne stampa - tuttora in corso - e rivelazioni contro Fini e i suoi deputati, l'ultima quella de «Il Giornale» contro il sottosegretario all’Ambiente, il triestino Roberto Menia, accusato di aver ricevuto in eredità un appartamento che secondo alcuni sarebbe stato invece destinato al partito.
Berlusconi è netto e prima di chiudere la telefonata vuole mostrare ancora una volta di aver cambiato panni, vestendo quelli della colomba che cerca la pacificazione: «Basta con attacchi folli, Menia è una persona serissima che fa parte del mio governo».
Di Gianfranco Fini invece non parla, si limita a dire che «farà il presidente della Camera» e non si riesce a fargli aggiungere una parola in più.
Mario Calabresi, www.lastampa.it 01/08/2010
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