Intervista a Luca Baldino
Ha in mente un cammino di "forte innovazione" e un percorso "il più possibile partecipato e condiviso con la politica e con gli operatori dell'azienda" per "valorizzare le eccellenze", recuperare "l'entusiasmo di coloro che lavorano nell'azienda", far acquisire alla sanità piacentina un "ruolo di protagonista" nella rete regionale e non solo.
Luca Baldino, milanese di nascita, piacentino di adozione, è stato nominato dalla Regione direttore generale dell'Ausl di Piacenza. La Giunta regionale, come avevamo annunciato, ha designato ieri i direttori generali delle 14 aziende sanitarie.
Un mandato che Baldino stesso giudica "enorme" e che arriva in un momento a dir poco delicato per il nostro territorio. Baldino ne è consapevole e annuncia: «Appena insediato mi occuperò di Fiorenzuola».
Anzitutto complimenti. «Grazie, lasciatemi dire che sono molto onorato di assumere questo incarico a Piacenza dove praticamente sono da 13 anni. Questa è una città che sa accogliere».
Ma è anche un territorio che nel passato e neanche recentissimo, non mi riferisco cioè solamente al caso Fiorenzuola, si è sentito poco coinvolto. Piacenza non vuole più scelte calate dall'alto. «Il mio punto di riferimento sarà la Conferenza sociosanitaria territoriale. Mi piacerebbe un mandato caratterizzato da forte innovazione e con un percorso il più possibile partecipato e condiviso con la politica e gli operatori dell'azienda per recuperare l'entusiasmo di chi lavora nei servizi sanitari».
E' stato sequestrato il cantiere del futuro nuovo padiglione dell'ospedale di Fiorenzuola. Non sappiamo se siano stati commessi errori sostanziali ma ci sembra che almeno nel metodo, qualcosa sia stato pasticciato. E' mancata una comunicazione tempestiva nelle fasi iniziali del percorso, non le pare? «In questo momento non posso esprimermi su Fiorenzuola. Posso però fare un discorso generale: la sanità è dei cittadini e degli operatori che ci lavorano. I cittadini sono rappresentati dai politici. Va individuata una strategia condivisa ricordandoci che la sanità è un tema complesso che dovremmo però davvero riuscire ad essere capaci di spiegare».
I cittadini faticano a capire la perdita di servizi. L'esperienza ci dice che riorganizzare fa rima con tagliare. Vale la logica dei numeri o quella dell'attenzione ai territori disagiati e alla popolazione che invecchia? Per fare un esempio: che ne sarà di alcune guardie mediche a rischio? E l'ospedale di Bobbio? «Non sono previste chiusure di ospedali. Sulle guardie mediche non sono in grado di dare risposte ora ma ci tengo a chiarire che il mio obiettivo è quello di garantire a qualunque cittadino, da Piacenza a Cassimoreno, le stesse chances di accesso ai servizi. Perché la presenza di servizi sul posto non vuol dire di per sé garanzia di fruibilità. Dobbiamo riuscire a portare forti dosi di innovazione in un settore, quello della Salute, che è in continua evoluzione. Bisogna adeguarsi ai sistemi di cura che sono diversi da quelli del passato. E investire. Il nuovo farmaco per l'epatite C ha un costo enorme, parliamo di decine di milioni di euro in tutta la regione e di alcuni milioni solo a Piacenza».
Ma del passato si rimpiange l'umanità, il medico che si prendeva in carico il paziente totalmente. E' un discorso che si può, in qualche modo, riprendere? «Quanto più la sanità va specializzandosi, e deve farlo perché è questa la strada giusta, tanto più si rischia di perdere la visione globale del paziente che rischia di diventare un numero. Vanno costruiti sistemi di coordinamento attraverso figure professionali, medici o infermieri, per una presa effettiva in carico del paziente, sia nella fase acuta che dopo. Ripeto: non arrocchiamoci. Continuare a difendere l'esistente è come, per fare un esempio banale, acquistare un televisore al plasma e conservare il vecchio a tubo catodico. Confrontiamoci con il Nord Europa. Ci vuole una spinta nella tecnologia».
Pensiamo alla tele-medicina che può far molto. Peccato però che ci siano zone della provincia ancora off-line col risultato che, in altri settori, si è perso sì l'operatore fisico ma si è rimasti orfani della tecnologia, e quindi del servizio. «E' evidente che la programmazione sanitaria non è un cuneo a se stante ma deve andare di pari passo con lo sviluppo del territorio. Non dimentichiamo che l'Ausl è una grande azienda che può essere essa stessa motore dello sviluppo territoriale».
Piacenza si è sempre sentita lontana da Bologna. E quando si parla della futura Area Vasta, pensiamo subito a centri direzionali che fanno i bagagli e ci lasciano. Piacenza riuscirà ad vere un ruolo di protagonista? «L'Area Vasta non fa parte dell'agenda immediata ma è giusto parlare da subito di protagonismo. Bisogna riuscire a trovare una via di mezzo fra l'arroccamento e la sparizione. Vanno valorizzare le eccellenze piacentine e questo lo si ottiene mettendole in rete. Va sfruttata la realtà di confine per affacciarsi sul mondo e integrarsi con gli altri territori».
Ci dica due eccellenze piacentine da valorizzare. «Riparliamone dopo il 2 marzo quando mi sarò insediato».
Paola Romanini LIBERTA' 24/02/2015
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