La riconversione della centrale piacentina porterà effetti negativi sulla salute? Secondo l'Arpa «no». Ma andiamo con ordine. La domanda è salita prepotentemente alla ribalta nei giorni scorsi, quando si sono diffusi i dati di uno studio europeo che confermerebbero la tesi già elaborata da alcuni tecnici del Cnr di Bologna sulle pericolosissime polveri ultrafini prodotte dalle centrali a turbogas in non piccola quantità, come invece si credeva. In Italia sono stati i tecnici Armaroli e Po, per primi, a sostenere che le centrali turbogas come quelle autorizzate a Ferrara e Ravenna, e le tre ipotizzate in altre provincie, tra cui Bologna, Forlì, Piacenza o Parma, produrebbero quantità di polveri sottilissime nella misura di centinaia di tonnellate. E più le polveri son sottili, più facilmente penetrano nei polmoni. Non si parla in questo caso delle Pm 10, particolato che ha almeno 10 micron di diametro, ma delle più insidiose e microscopiche Pm 2,5 o 0,1. Per capire meglio abbiamo chiesto una valutazione al direttore di Arpa, Sandro Fabbri, che si è documentato anche sullo studio, o meglio, sulla bozza europea di recente diffusione, presentata il 20 ottobre a Stoccolma frutto del Cafe Group, un gruppo di lavoro internazionale che studia proprio il particolato e di cui per l'Italia è membro l'Enea di Bologna.
Dottor Fabbri, conviene o no ambientalizzare la centrale, ovvero trasformarla a ciclo combinato portandola ad usare solo metano come combustibile? «Alla luce della disamina dei documenti dell'Unione Europea e dei testi di Armaroli e Po, abbiamo fatto un ulteriore zoom sulla convenienza o meno di trasformare la centrale a ciclo combinato. Diciamo senz'altro che conviene farlo e il prima possibile. Dai nostri controlli il passaggio dall'uso di olio combustibile a gas metano ci conferma che l'impatto ambientale è molto più contenuto».
Cosa dicono i dati sui rilevamenti di polveri? «Ci dicono, per esempio, che a La Casella di Castelsangiovanni, dove i lavori di riconversione si sono conclusi anche sul quarto gruppo produttivo, il miglioramento è forte rispetto a prima. Rileviamo polveri dagli 0,8 micron di diametro in su, quindi piccole, ebbene risulta che oggi sono 0,2 tonnellate annue le polveri generali emesse per ogni gruppo produttivo, mentre in passato erano 100, gli ossidi di azoto sono diminuiti di dieci volte, l'anidride solforosa si è azzerata, e l'ossido di carbonio è radicalmente sceso. Nella nuova centrale turbogas di Sarmato le polveri annue sono meno di 0,05 tonnellate. E a Piacenza Levante, da quando si va all'87 per cento a metano, le polveri sono 5,9 tonnellate annue rispetto alle 22 tonnellate di quando il metano viene usato solo per il 50 per cento. Lo studio di Armaroli e Po? Era incentrato sul caso ferrarese dove la centrale quadruplica le sue dimensioni».
Da dove arrivano le polveri finissime? «Le polveri finissime di produzione secondaria sono un problema nuovo, peraltro noi stiamo già facendo monitoraggio non solo sulle Pm 10, ma anche sulla concentrazione di Pm 2,5 con una stazione di rilevazione in città. Recenti studi hanno dimostrato che per la metà la presenza di polveri fini è legata a produzioni secondarie, all'ozono per esempio. Tra i cosiddetti precursori di queste particelle finissime ci sono gli ossidi di azoto emessi in atmosfera, composti organici volatili, ammoniaca. Le centrali a turbogas, che abbattono le polveri in generale, danno un contributo indiretto alle polveri fini producendo ossidi di azoto, ma tuttavia in misura molto minore rispetto a quando le centrali non sono riconvertite. E dunque la conversione elimina la produzione primaria ma riduce anche quella secondaria».
Fin qui, Arpa. Certo nella produzione secondaria di polveri fini un ruolo non indifferente esercitano ancora il traffico, le industrie, il riscaldamento, voci su cui bisogna comunque agire per contenere l'inquinamento. Se le centrali ambientalizzate riducono i rischi per la salute, resta tuttavia il dubbio, parlando in senso generale, che sia una scelta giusta tenerle nel cuore di una città, poiché è vero che c'è un “effetto dimagrante“ sulle polveri, si continua a produrre, seppur in misura assai minore, ossidi di azoto, generatori delle particelle ultra-fini. Patrizia Soffientini patrizia.soffientini@liberta.it
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