Ma c'è suspense sulla presidenza della commissione
Decolla lo strumento per governare l'enorme ricchezza dei beni militari dismessi o dismissibili, una carta che la città deve giocare al meglio. Piacenza da oggi ha una commissione consiliare speciale, caso più unico che raro nella storia di Palazzo Mercanti: si occuperà esclusivamente del recupero e della riqualificazione degli immobili e delle aree di proprietà dello Stato in uso o già passate al Demanio. Durerà 18 mesi e porterà all'attenzione dell'assemblea tutte le proposte emerse per l'utilizzo di questo patrimonio urbano. Idee da trasfondere nel nuovo piano regolatore (Psc). Il consiglio comunale ha istituito la task force della commissione con larghissima intesa tra maggioranza e opposizione. Unico voto contrario quello della Lega Nord, unica astensione quella di Alleanza Nazionale. Entro mercoledì saranno espressi dai vari gruppi i consiglieri che entreranno nella commissione, secondo lo stesso criterio di ripartizione delle commissioni permanenti. E ancora mercoledì il consiglio comunale eleggerà presidente e vice con voto palese, una novità per dar forza alla carica. L'attenzione si sposta ora alle segreterie di Pd e Forza Italia. Sia per capire chi entrerà nell'organismo (c'è maretta nel Pd), sia per valutare la presidenza affidata alla minoranza come espressione di garanzia. In quanto al timoniere, aleggia la suspense, l'accordo non c'è. In pole position, Gianni D'Amo, (Cittàcomune), su cui potrebbero convergere preferenze trasversali, dalla "Civica" per Reggi a Piacenza Libera. Il capogruppo di Forza Italia, Massimo Trespidi, dice di voler lavorare per una soluzione unitaria del consiglio, intanto continuano a circolare i nomi degli "azzurri" Sandro Ballerini, Filiberto Putzu, Luigi Salice. E non è detto che lo stesso Trespidi non sia in gioco. Lunedì Forza Italia si riunisce per dipanare la matassa. Ma se mercoledì i candidati fossero più d'uno, la maggioranza potrebbe spaccarsi su D'Amo, in assenza di un invito esplicito del sindaco all'unità. Ieri in aula ci si è interrogati a lungo sullo strumento che tocca un tema vitale per la Piacenza dei prossimi cinquant'anni. Accolti all'unanimità due ordini del giorno di minoranza: una correzione tecnica di Salice e una proposta del capogruppo di An, Andrea Paparo per allargare ai cittadini la discussione con dibattiti e forme partecipative. Ampie le sfumature. Antonio Levoni (Piacenza Libera) loda l'ottimo lavoro svolto dagli uffici sulla partita, Christian Fiazza (Pd) vede prospettive epocali intorno ad 1milione e 200mila mq di spazio e spiega come la maggioranza faccia un passo indietro per un presidente autorevole. Paparo (An), non nasconde i dubbi: «La commissione può andar bene, ma non basta, ha gambe troppo sottili». E Marco Tassi (An) definisce lo strumento scelto una «scatola vuota». Putzu vede le aree come prezioso mezzo di rilancio per Piacenza e Carlo Mazza (Gruppo misto) auspica che la giunta lavori in sintonia con la commissione e alla stessa velocità. L'ex sindaco Giacomo Vaciago (Misto) vede nell'abbandono immemore di beni come l'ex Ospedale militare il segno del declino della città e osserva che la permuta di alcune aree centrali con un nuovo stabilimento esige il reperimento di fondi cospicui. Il futuro delle aree? Richiede «fantasia e coraggio» su destinazioni d'uso ambiziose, non si può pensare alla residenzialità quando di case ce ne sono fin troppe. Carlo Pallavicini (capogruppo Prc) punta sull'idealismo, su una città per l'ambiente, la salute e il recupero di spazi di socialità. Massimo Polledri (Lega Nord) rievoca il tema degli interessi sulle aree «alcuni legittimi, altri no». La commissione «non è sufficiente a gestire il gioco cooperativistico delle parti». E La Lega non le farà da «stampella». Giorgio Cisini (Pd), attento al ruolo dell'architettura, domanda se si è in grado di affrontare un progetto di raddoppio della città. Per Marco Fumi (Piacentini con Reggi) la città ha bisogno delle aree, senza le quali è uno spazio privo di "porte". D'Amo vede nella commissione l'occasione storica per la politica e il consiglio di affiancare incisivamente la giunta, che avrebbe potuto andare avanti da sola («non era una via obbligata»). Anche per Giampaolo Crespoli (Pd) la partita è importantissima in un quadro dove la permuta con i militari si prospetta difficoltosa. Carlo Mazzoni (F.I.) auspica una durata superiore ai 18 mesi per la commissione: «che deve mettere dei punti fermi». E Pierangelo Romersi, capogruppo Pd, valorizza il neonato strumento, le cui risultanze saranno recepite nel piano regolatore. Patrizia Soffientini
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