Aree militari, opportunità e nodo-risorse al vaglio della giunta: ora patto territoriale (gu. ro. ) Sulle aree militari il nodo da sciogliere è «rendere fattibile l'operazione». Condizione necessaria per riuscirci è che alla trattativa con i militari Piacenza vada «con le idee chiare». E' anzitutto per chiarirsi le idee che la giunta ha dedicato la seduta di ieri alle aree militari. Così ha inquadrato la discussione il vicesindaco Cacciatore tra le cui deleghe ha la partita con il ministero della Difesa. Nulla di definitivo, seguiranno altre sedute. Dopodiché - proprio perché è tutta Piacenza, non solo il Comune, che le idee deve averle chiare - «saranno necessari momenti pubblici di confronto sulle ipotesi» che comunque l'amministrazione ha il compito di proporre alla non facile ricerca di «un punto di equilibrio» tra esigenze non sempre convergenti, quelle dei militari, che sono i proprietari delle aree da dismettere, e quelle della città integralmente intese, ossia il punto di vista urbanistico-architettonico, ma anche ambientale e poi abitativo, senza dimenticare i livelli occupazionali del polo piacentino della Difesa. E' questa la cornice entro cui muoversi sulle aree militari, tenuto conto che sin qui è continuamente mutata sia sotto l'aspetto giuridico sia per quanto riguarda le istanze avanzate dal ministero. Tramontato il protocollo d'intesa Comune-Difesa del 2008, l'ultima Finanziaria affida al consiglio comunale il compito di esprimere un accordo di programma forte di potere autorizzativo delle varianti urbanistiche che si giudicheranno opportune per le funzioni da assegnare alle aree da dismettere, quelle che i militari sono disposti a liberare in cambio di un ammodernamento del polo industriale da accorpare su superfici più ristrette. Questo ammodernamento va finanziato, e poiché costa tanto (ma la quantificazione è ancora incerta, ha annotato il vicesindaco) il Comune deve capire come arrivare alla sostenibilità economica dell'operazione: «C'è da ragionare dei progetti con tutti i soggetti interessati, delle destinazioni urbanistiche», spiega Cacciatore aprendo il capitolo del coinvolgimento dei privati. Quanto alle mutate esigenze dei militari che nei mesi scorsi avevano avanzato sul polo industriale piani molto più pretenziosi (si parlava di 240 milioni di euro), «sono per noi un'opportunità nel momento in cui nella zona di piazza Cittadella parlano di liberare non solo il Laboratorio Pontieri, ma anche la caserma Nicolai che prima non era in elenco». Questo, afferma il vicesindaco, «ci consente di ragionare in termini di un comparto che può avere vocazione museale». Altre opportunità dall'ipotesi che oggi è in piedi per la sede del rinnovato polo industriale: distribuirlo tra la caserma Artale di via Emilia Pavese e una porzione della Pertite così da liberare l'ex Arsenale con il vallo, il castello e le mura farnesiane e l'ex ospedale militare, beni preziosi dal punto di vista storico-architettonico, ma anche il grosso della Pertite. Si potrebbe in tal modo dare risposta alla «esigenza di salvare un parco urbano a Piacenza», osserva Cacciatore di cui era stata notata l'assenza domenica scorsa alla manifestazione pro parco a cui ha invece aderito il sindaco Reggi. Richiesto del motivo della non partecipazione il vicesindaco ha opposto un «no comment» da cui si è potuta cogliere una certa presa di distanze. Di «un'ipotesi di lavoro che vorremmo poi condividere con i parlamentari, la maggioranza e con tutto il consiglio comunale», ha parlato ieri Reggi che sul nodo della fattibilità economica pensa all'intervento della Cassa depositi e prestiti secondo un modello di finanziamento che alimenti una Sgr (società di gestione del risparmio) nazionale collegata a una di emanazione territoriale di cui abbia una quota fino al 40%, mentre il resto del capitale andrebbe a banche locali, fondazione, fondi di private equity e anche agli enti locali che conferirebbero i loro beni. «Dobbiamo riuscire a fare un patto territoriale che, una volta fatte le scelte politiche, disegni il futuro sviluppo della città», auspica Reggi.
Libertà del 09/06/2010
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