Gli immigrati regolari in Italia sono circa 4 milioni, con un aumento rispetto all'anno precedente di diverse centinaia di migliaia e un'incidenza sulla popolazione totale pari al 6%. Percentuale che in Emilia Romagna, in linea con tutto il nord Italia, sale al 9% e nella Provincia di Piacenza al 10%, con 32mila stranieri residenti sul territorio.
Valori che pongono Piacenza alla pari con le grandi realtà europee dell'immigrazione e ne attestano l'appetibilità, dovuta all'elevata offerta di lavoro esistente. I dati, aggiornati a dicembre 2007, sono quelli presentati a fine anno dalla Caritas Italiana nel suo Dossier statistico sull'immigrazione 2008 che da anni rappresenta uno strumento di lavoro fondamentale, a livello nazionale, per chi si occupa di immigrazione. Fra gli autori dell'ultima edizione, in particolare della sezione dedicata all'Emilia Romagna, compare anche il piacentino Massimo Magnaschi, ricercatore e responsabile dell'Osservatorio delle Povertà della Fondazione Caritas.
Il dato più sorprendente riguarda però la presenza di minori immigrati nelle scuole dell'obbligo, che nell'anno 2007-2008 ha visto l'Emilia Romagna al primo posto per il più alto numero di alunni con cittadinanza non italiana, che incidono dell'11,8% sul totale, superando di cinque punti la media nazionale (6,4%). Prima in Regione con il suo consistente 14,9% di alunni immigrati, Piacenza è addirittura terza a livello italiano, dietro soltanto a Mantova (15,4%) e Prato (15,1%).
"I dati ci dicono che nel nostro territorio è presente un fenomeno migratorio strutturale, stabile e radicato - spiega Magnaschi -; la forte presenza di donne e minori dimostra che aumentano i ricongiungimenti familiari e calano gli immigrati che arrivano solo temporaneamente, per lavorare e mandare i soldi a casa. Sempre nuove famiglie straniere scelgono di costruirsi un futuro a Piacenza".
Per limitare contraccolpi occorre lavorare sull'integrazione, e su questo Magnaschi è ottimista: "Piacenza rappresenta il territorio ideale per dare vita a politiche virtuose in tema di immigrazione - dice - perché le dimensioni ridotte della città consentono di sviluppare dinamiche dirette fra le persone e anche di risentire in minima parte di quei problemi, quali criminalità e formazione di quartieri ghetto, tipici dei fenomeni migratori ad alta intensità". Le azioni da portare avanti, secondo il ricercatore piacentino sono: proseguire sul binario della prima accoglienza; migliorare l'inserimento scolastico e infine potenziare i percorsi di partecipazione attiva degli immigrati, già iniziati con il Forum provinciale immigrazione. "Dopo il lavoro e la casa c'è il bisogno vivere la città - conclude -, e non solo in termini di voto. È questa la sfida per il futuro". Sara Bonomini
LIBERTA' del 12/01/2009
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