Si è spento Alberto Sordi : aveva 82 anni.
E' morto l'altra notte a Roma, nella sua villa di piazza Numa Pompilio Alberto Sordi, uno degli attori più amati dagli italiani. Aveva 82 anni.
Prima che gli italiani si abituassero al suo volto impresso nella celluloide avevano conosciuto la sua voce, prestata all'attore statunitense Oliver Hardy, quando doppiava le gag di Stanlio e Ollio insieme a Garinei. Sempre la sua voce, aveva partecipato alla prima, più grande, stagione della radio italiana, dai microfoni di «Vi parla Alberto Sordi», dove nacquero i suoi primi personaggi, già allora abbozzi di quell'italiano medio che avrebbe costituito l'ossatura della sua carriera cinematografica. Lo stesso italiano, sarebbe arrivato poco dopo, nei primi anni Cinquanta, quando al termine di una serie di piccoli film minori, Federico Fellini gli apre le porte del grande cinema. Partecipa allo Sceicco Bianco, ma tocca il successo vero con “I Vitelloni”. Nel film, c'è già tutto il Sordi che, nel boom economico degli Anni Sessanta, intepreterà un italiano sempre diviso fra superficialità e dovere, fra provincialismo e illusione di nuovi orizzonti. Che abbia la faccia giusta, per mostrarsi mammone e cinico allo stesso tempo, opportunista e sentimentale, se ne accorgono in fretta i registi italiani che si affacciano da protagonisti al cinema internazionale. Lo «dirigono» Steno e Pietrangeli, Risi e Monicelli, Zampa e Scola. Lui azzecca subito lo spirito del personaggio. E' l'arrampicatore sociale tutto determinazione e competenza in “Guglielmo il Dentone”, dal film “Complessi” di Filippo D'amico, il «borsanerista» sempre senza soldi del “Boom” di De Sica, il provinciale innamorato dell'America in “Un giorno in pretura”, la grottesca caricatura del medico dei pazienti mutuati ne “Il medico della mutua” di Luigi Zampa. La sua vena comica, si colora spesso di una sottile patina drammatica, che ne fa un attore sempre più versatile. Proprio l'amarezza, legata all'ironia, gli permette di interpretare l'italiano forse più vero, quello metà cialtrone e metà onesto e ligio al dovere della “Grande Guerra” di Monicelli, o di “Tutti a casa” di Comencini. Una vena drammatica che gli offrirà il destro per una delle sue migliori interpretazioni, quella del “Borghese piccolo piccolo”, sempre con Monicelli dietro la macchina da presa. Gli anni Settanta, sono ormai arrivati. Sordi diventa l'emigrato bruttone e cinquantenne di “Bello onesto emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata”, accanto a Claudia Cardinale, ma soprattutto interpreta la politica impegnata dell'Italia di quegli anni a proprio modo. E' il dottor Guido Tersilli, che naviga tra i mali della sanità italiana. Pietra miliare nella raffigurazione dell'italietta dei «furbi», che cerca scorciatoie per il successo. Ma è anche lo straccivendolo romano che assieme alla moglie perde tutti i risparmi della borgata giocando a carte con una vecchia ereditiera americana in “Lo scopone scientifico”, amara commedia con Silvana Mangano, Bette Davis, Domenico Modugno, basato sulla dialettica denaro-potere. E ancora il fruttivendolo che si dà alle ferie culturali in “Dove vai in vacanza?” e il rozzo mercante d'armi in “Finché c'è guerra c'è speranza”. Poi gli anni Ottanta: Sordi è ormai un mostro sacro, e i film si appesantiscono. Mantiene freschezza insieme a Carlo Verdone, per interpretare “In Viaggio con papà”, ma lascia a desiderare con altre interpretazioni. Arriva anche al piccolo schermo, col “Tassinaro”. Eppure, sembra sempre meno convincente. Nel 1990 interpreta l'“Avaro”. Si cala nelle atmosfere di Moliere come accadde già ne Il malato immaginario . L'ultimo film, “Incontri proibiti”, con Valeria Marini, registrerà un insuccesso ai botteghini. Eppure, per gli italiani, resterà l'Albertone nazionale, quello che gira l'Italia con una sgangherata compagnia teatrale cantando «ma 'ndo vai? Se la banana non ce l'hai?». Carlo Casati Libertà del 26/2/2003
Alberto Sordi era nato Roma il 15 giugno del 1920 da Pietro Sordi, direttore d'orchestra, e Maria Righetti, insegnante. Fin dall'infanzia rivelò una naturale predisposizione alla recitazione che gli permise durante le scuole elementari di entrare a far parte della compagnia del «Teatro delle Marionette» con la quale intraprese la sua prima breve tournée in giro per l'Italia. La passione musicale ereditata dal padre lo portò a calcare le scene come soprano nel coro della Cappella Sistina, fino alla prematura trasformazione da voce bianca a quella di basso, che diventerà uno dei suoi tratti distintivi. Dopo aver abbandonato gli studi presso l'Istituto Commerciale (otterrà il diploma da privatista), si trasferì a Milano per frequentare l'Accademia dei Filodrammatici. Ma a causa del suo spiccato accento romano (diceva «guèra» e «fèro»), la sua domanda venne rifiutata e soltanto nel 1999 ricevette dall'Accademia un diploma honoris causa in recitazione, quasi una sorta di risarcimento. Nel 1937, a soli 17 anni, era già nella compagnia di Ermete Zacconi. Quindi presentatore di numeri di varietà. Gli riuscì persino di imitare la voce del celebre Oliver Hardy, l'Ollio del duo con Stanlio, e di vincere un concorso per doppiarlo presso la Metro Goldwyn Mayer. Il primo ruolo importante arriva nel 1941 nel film I tre aquilotti di Mario Mattoli, dove interpreta la parte del co-protagonista al fianco di Leonardo Cortese. Il 1947 è l'anno dell'esordio radiofonico con i programmi di varietà Rosso e nero e Oplà, condotti da Corrado. Alle apparizioni in film minori si alternano quindi i suoi successi radiofonici: su tutti la trasmissione Vi parla Alberto Sordi, per la quale inventa personaggi come Mario Pio e Il conte Claro che gli regaleranno grande notorietà presso il pubblico. Nel 1950 ottienne finalmente il primo ruolo da protagonista nel film di Roberto Savarese Mamma mia, che impressione! Ma la sua vera e propria consacrazione avviene con Lo Sceicco Bianco, grazie al quale avvia una lunga e feconda collaborazione con Federico Fellini e con lo sceneggiatore Rodolfo Sonego. L'anno dopo interpreta I vitelloni, sempre diretto da Fellini, e Un giorno in pretura di Steno, il film che vede nascere il personaggio di Nando Moriconi, “l'americano”, protagonista poi del celebre Un americano a Roma (1954). Tra il 1954 ed il 1959 Sordi interpreta 43 film, che convinceranno anche la critica più severa, fra cui Il seduttore di Franco Rossi, Un americano a Roma di Steno, Lo scapolo di Antonio Pietrangeli (per il quale riceverà il suo primo «Nastro d'argento come miglior attore protagonista), La grande guerra di Mario Monicelli, I magliari di Rosi e Il vedovo di Dino Risi. Nel 1963, con “Il diavolo” raggiunge la notorietà negli Stati Uniti dove riceve il Globo d'oro e con lo stesso film vince anche l'Orso d'oro a Berlino. Il 1965 è l'anno che vede il suo esordio dietro la macchina da presa con “Fumo di Londra”. Nel 1968 ottiene un successo straordinario con “Il medico della mutua” di Luigi Zampa e con “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa?”, diretto da Ettore Scola. Con “Un borghese piccolo piccolo”, conferma una volta per tutte la capacità di utilizzare abilmente anche il registro drammatico miscelando sapientemente comico e grottesco (abilità riconfermata anche ne “Il marchese del Grillo”.
Sindaco di Roma per un giorno, il 15 giugno 2000, un «regalo» fattogli da Francesco Rutelli, allora primo cittadino della Capitale, per i suoi 80 anni, fra tanti onori ed onorificenze ad Albertone è rimasto un sogno nel cassetto: quello di essere nominato senatore a vita. Un'onoreficenza sollecitata da più parti, negli ultimi tempi, a cominciare dal critico cinematografico Tullio Kezic al giornalista Bruno Vespa in un Porta a Porta nel dicembre 2001. Proprio il 25 aprile dell'anno scorso Alberto Sordi aveva sciolto la riserva dicendo: «Senatore a vita? Forse oggi l'accetterei perché sento forte il desiderio di rappresentare chi in Italia non ha voce in capitolo. Nel corso della mia carriera ho ricevuto proposte per entrare in politica da tutti gli schieramenti politici. Negli anni Cinquanta la Democrazia cristiana voleva candidarmi a sindaco di Roma. Rifiutai. Ma oggi potrei davvero impegnarmi per aiutare chi non ha voce in capitolo: si dice che il popolo è sovrano. Ma sovrano di che...?». Giulio Romano
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