La leva obbligatoria scompare, abolita dal primo gennaio 2005 con due anni di anticipo sul previsto. La Camera ha approvato, con il voto contrario di Rifondazione comunista e l'astensione dei Verdi, la legge del ministro della Difesa Antonio Martino. L'abolizione della leva era uno degli obiettivi di legislatura per accelerare l'alta specializzazione delle forze armate e lo sviluppo del servizio civile. I tagli di spesa rischiano di allontanare il secondo obiettivo, da qui la posizione assunta da una parte delle opposizioni. Saranno chiamati al servizio militare, da questo momento in poi, soltanto i nati nel 1985, a meno che non abbiano i requisiti per il rinvio per motivi di studio. In questo caso saranno di fatto congedati. Il che non vuol dire che la leva scompaia del tutto. Ma solo che non sarà più obbligatoria. Continuerà a esistere una ferma breve, di un anno, volontaria, aperta a ragazzi e ragazze. I posti saranno banditi per concorso e il servizio prestato verrà come titolo indispensabile per accedere nei ruoli di polizia, guardia di finanza, guardie forestali, guardia costiera, polizia penitenziaria e vigili del fuoco. Fra le altre novità, l'arruolamento fra gli Alpini. Chi abita nelle regioni del Nord e in quelle di tradizionale reclutamento, come l'Abruzzo, ha diritto ad essere accettato come volontario, fino a completamento organici nelle Penne nere. In questo caso la paga, fissata per tutti a 850 euro nei primi tre mesi e 980 a regime, sarà incrementata di cinquanta euro al mese. L'abolizione della leva militare obbligatoria è stata definita «epocale» dal ministro Antonio Martino. Esisteva da 143 anni, istituita dal Regno Sabaudo nel 1861, dopo l'unità d'Italia. Averla cancellata, secondo Martino, significa «avvantaggiare i giovani, che vedevano ritardato il loro ingresso nel mondo del lavoro, ma anche le forze armate che non possono permettersi di mandare in delicate missioni all'estero persone costrette a mettersi la divisa e che non hanno la preparazione adeguata».
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