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«Un'agenzia per vendere il sistema-Piacenza ad investitori esterni»

Non c'è ancora e questo è un guaio.
Ma dovrà nascere l'agenzia del marketing territoriale, per armonizzare e potenziare l'azione, altrimenti slegata, di molti strumenti locali (dal consorzio esportazioni allo sportello per l'impresa).

Altri strumenti in fieri potranno entrare in questo circolo virtuoso che vuol vendere il sistema-Piacenza sul mercato internazionale.

Esemplare il caso di “Ouest Atlantique“, raccontato ieri da Laurent Sansoucy al convegno in Fiera sul marketing territoriale.
Tre regioni francesi si sono unite per spingere territori depressi verso il mercato.
E hanno fatto faville con la loro agenzia “Ouest Atlantique“ (36 dipendenti, capitali pubblici e privati).
Il segreto?
«Puntare a far arrivare qui solo produzioni ad alto valore aggiunto e lavorare sull'apertura internazionale».

Piacenza, nel suo piccolo, vuol fare qualcosa che assomigli.
«Sì all'agenzia, ma il livello deve essere almeno provinciale e contare su una condivisione forte» avverte il sindaco Roberto Reggi.
Peccato l'assenza di Dario Squeri, presidente della Provincia, impegnato all'estero.

Tutto comincia dal documento elaborato dal Piano Strategico, con l'ausilio di Mumat e Laboratorio di Economia della Cattolica.
Lo presentano Francesco Timpano, direttore Mumat, i ricercatori Paolo Rizzi e Francesca Bonello. Mostra una Piacenza sopra la media per ricchezza, una provincia poco internazionalizzata e poco capace di attrarre nuove attività, ma anche ricca di potenzialità e di conoscenza.
Ci vuole coesione fra le forze e poi innovazione, ricerca, creatività.
Ci vuole qualità per uscire dalle “secche“ economiche raccontano in seguenza Luigi Gatti, presidente della Camera di Commercio, Marco Elefanti, assessore alle Attività produttive, Ernesto Carini, vice-presidente della Provincia che giudica determinante il Patto per Piacenza («Da qui non torneremo indietro).
«Ora ci conosciamo meglio, sappiamo su cosa puntare» premette Gaetano Rizzuto, direttore del nostro quotidiano, nell'aprire la tavola rotonda.
Diversi gli accenti dei relatori, ma uniti da una passione comune per il riscatto del territorio.
Enrico Ciciotti (preside di Economia) dice dell'importanza di avere due università in rete con il resto del mondo.
Giuseppe Parenti (presidente Assoindustria) vede nelle aree a basso prezzo un motivo di insostituibile efficacia per richiamare investitori («E' la prima richiesta che ci viene dalle società»). E chiede «vita più facile» per le imprese con lo sportello unico («istituito nel '98, ci arriviamo adesso»).
L'invito alla concretezza più convincente arriva dall'economista Ettore Gotti Tedeschi:
«Si faccia una struttura per il marketing della “marca Piacenza“, con una direzione, un Cda. E se ci fosse già un direttore d'agenzia si darebbe da fare per salvare De Rica...».
«Fondamentale» pure il decollo di Piacenza Holding per sostenere nuove imprese.
Augusto Rizzi (presidente Rdb) ricorda che Piacenza non è un'isola («deve lavorare anche con i territori vicini»).
E si punti su produzioni dal valore aggiunto, sull'innovazione.
Le aree?
In città non ce ne sono più, ma in provincia sì.
Il nostro tallone d'Achillle?
«L'atteggiamento culturale medio, tutto si fa meno che aprirsi al nuovo».
Forse servirebbe una «sana, democratica dittatura» dove ci sia chi, d'autorità, fa marciare le cose. Il sindaco Reggi preferisce dire quanto si è fatto: i cantieri sulla viabilità, un polo logistico tra i più vasti d'Italia che vuol legare il trasporto su gomma a quello su ferro e su acqua.
Ma dopo questa scelta di grandi spazi, che dovranno essere sicuri e vivibili, terreni non ce ne sono più molti, meglio attrarre qualità.
Patrizia Soffientini
LIBERTA' del 23/11/2003



Logistica avanzata.
«Candidiamoci ad ospitare l'Authority dei Trasporti»

«Fra qualche tempo le imprese si occuperanno di marketing, di progettazione. Tutto il resto, fabbrica inclusa, sarà in mano alla logistica».
E' una logistica nuova quella che descrive Pierluigi Crudele di Finmatica, nome altisonante della new economy, una logistica che si impossessa di pezzi dell'impresa tradizionale, un global network che cerca territori accoglienti, con infrastrutture funzionanti e reti di servizi.
Ed è nella logistica che si misurerà il valore aggiunto di una impresa rispetto ad un'altra.
Reti, servizi, cablature, nuove tecnologie: ecco il corredo di quanto attiene alla trasformazione delle merci, non più semplice stoccaggio in ciclopici capannoni-contenitore.
«Il polo logistico piacentino è il primo su cui investiamo» spiega Ugo De Bernardi, rappresentante della Generali Properties immobiliare, che compra immobili dove conviene e lo ha fatto anche a Piacenza per 200milioni di euro, assaporando una redditività interessante.
«A Piacenza ci ha sorpreso favorevolmente la presenza di due università, la possibilità di formare personale, è come avere un paracadute più largo».
Un consiglio per incentivare nuove imprese? «Ridurre i rischi urbanistici, consegnare velocemente i territori».
Messaggio chiaro anche quello lanciato da Carlo Merli (manager di Piacenza Intermodale): «Si deve investire per un polo logistico di terza generazione, per superare il mero magazzinaggio e arrivare a trasformare il prodotto, monitorare i flussi e garantire sicurezza dentro il polo logistico». Un salto di qualità dopo i primi insediamenti. Quel che conta «E' essere al centro del gioco, per questo è importante candidare Piacenza ad ospitare l'Authority dei Trasporti, per la quale si fa avanti anche Alessandria; per questo è importante essere nel corridoio Kiev-Lisbona come dire in un “nodo” centrale nel sistema italiano di trasporti».

Meccatronica.
«Maturi i tempi per un istituto di ricerca su macchine utensili»

In Italia meccatronia fa rima con Piacenza.
Se il nostro Paese è il terzo produttore dopo Germania e Giappone di macchine utensili, la provincia piacentina conserva una tradizione rara e preziosa nel settore: facciamo macchine, per dirne una, che costruiscono componenti per i Boeing e le Ferrari.
Marco Livelli (Jobs e Federmanager) racconta questo mestiere piacentino «complesso e affascinante» fatto di gente che sa unire competenze di meccanica e di elettronica («Non ce ne sono tanti in giro per il mondo»).
Né deve spaventare troppo la congiuntura negativa («Nel giro di tre anni gli ordini sono calati del 40 per cento»), il mercato riprenderà secondo curve che gli sono proprie. Quel che conta è «l'innovazione dei prodotti, far ricerca, far macchine nuove pensando al futuro». E non sarebbe male se le aziende potessero condividere dei costi («per esempio sui service all'estero»). Un motivo di recente orgoglio per Piacenza è l'acquisizione da parte della svedese Sandvik (37mila dipendenti, 7 miliardi di euro di fatturato) della nostra Impero. Lo stabilimento piacentino di San Polo arriverà a 150 dipendenti, assorbirà una produzione milanese e diventerà la seconda fabbrica Sandvik in Europa per la produzione di utensili speciali, spiega Massimiliano Mandelli. «Perché Piacenza? Per la qualità del personale, per il contatto diretto con le officine meccaniche». In questo humus sono maturi i tempi per realizzare a Piacenza un laboratorio di ricerca sulle macchine utensili, come ne esistono in altri Paesi, anche per formare il personale che oggi le imprese letteralmente si rubano l'un l'altra. E' l'idea di Musp (Macchine Utensili e Sistemi di Produzione), di cui Libertà ha riferito e che ieri l'ingegner Michele Monno (Politecnico) ha offerto come soluzione ideale per tener sveglia la competitività del territorio, per far ricerca avanzata. Fare macchine non basta più, «bisogna fornire un sistema di conoscenza».


Agroalimentare e biotecnologie.
«Bisogna promuovere insieme tutti i nostri marchi storici»

E' una ricetta apparentemente molto semplice quella seguita da Cargill, multinazionale che si occupa di cibo per uomini e per animali e che di recente ha aperto uno stabilimento a Pavia.
Silvio Ferrari, piacentino di origine, ha raccontato le strategie, sorprendenti in un certo senso, nella loro essenzialità, secondo le quali una società come Cargill sceglie di investire in certi territori piuttosto che in altri: «Si va là dove troviamo risorse umane che sono in sintonia con la vision dell'azienda». E' tutto. Il motto “good to great“ allude ad una visione ampia della missione aziendale su prodotti primari.
Guardando, poi, nel dettaglio provinciale, Stefano Spelta, vice-direttore di Arp, invita a presentare i nostri pur pochi marchi storici in un modo unitario, per allacciare rapporti con le multinazionali dell'agroalimentare («Abbiamo troppa frammentazione»). Un passo giudicato importante è il rilancio di un marchio storico come De Rica («In Francia si vende più di Cirio»). «I grandi clienti, come Craft o Nestlé, oggi chiedono prodotti elaborati, specializzati, per questo conta fare formazione e avere in loco buone strutture logistiche».
Lorenzo Morelli (Università Cattolica) apre una finestra affascinante sul mondo delle biotecnologie. «In Inghilterra ho visto nascere la biologia molecolare applicata ai cibi, facciamo analisi per società alimentari e fermaceutiche su nuovi alimenti». E pensando agli integratori, cita il caso di una sorta di yogurt con ceppi particolari per migliorare la salute, per il quale una multinazionale «ha investito somme da capogiro». Esperienze scientifiche che si vorrebbe tenere con baricentro a Piacenza, ma Piacenza cosa offre per queste eccellenze? Morelli invita anche a considerare l'importante ruolo dell'Epis, l'ente di formazione superiore partecipato dalle istituzioni locali. «Dobbiamo molto ad Epis, e forse è ora per gli enti di chiedere i dividendi di questi investimenti».






pubblicazione: 23/11/2003
aggiornamento: 30/05/2005

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