Paura del patto di stabilità per la gestione pubblica dell'acqua? Tranquilli, la nuova legge di stabilità approvata a dicembre toglie il vincolo e quindi ora nulla osta ad approfondire la possibilità di gestite l'acqua anche con una società pubblica.
Anzi, attenzione, è l'allarme che lancia il Comitato dei cittadini acqua Bene Comune, i comuni piacentini ora stanno votando una convenzione che poggia su un assunto errato. Si discute e si vota su uno studio di fattibilità per una società mista motivando che sulla società in house avrebbe gravato il patto di stabilità. Non è più vero. Quindi ora è tutto da rifare. L'invito è lanciato ai sindaci impegnati in questi giorni ad approvare la convenzione per dare il via allo studio sulla società mista.
Sindaci che, però, non tornano sui loro passi. La società mista per loro è il minore dei mali per la gestione dell'acqua. Quello che ci preoccupa - dicono alcuni di loro - è il fatto che dovremo impegnare il Comune a indebitarsi per ripagare gli investimenti fatti in questi anni e, con i tempi che corrono, in fatto di soldi è una soluzione che fa tremare i polsi «Abbiamo bilanci che possono sballare anche per mille euro, come si fa a impegnarci per milioni? »
Il voto nei comuni Intanto i Comuni stanno votando e i risultati ottenuti offrono alcune sorprese. La proposta è stata respinta ad Ottone (articolo in questa pagina), ha visto emergere dissensi a Gazzola, Calendasco, e recentemente a Sarmato, Pontenure ed a Fiorenzuola, dove è passato per un solo voto. Insomma l'attenzione è alta e «nei prossimi giorni (il 23 gennaio) si terranno - segnala il Comitato acqua bene comune - le udienze del ricorso avanzato al Tar dal Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua e da Federconsumatori contro la tariffa-truffa dell'AEEG. Da qui - aggiungono - si impone la necessità di aggiornare lo studio tecnico-giuridico e di revocare e ridiscutere la frettolosa scelta della spa mista sia in sede di consiglio locale di Atersir sia attraverso un serio percorso partecipativo a livello provinciale per una corretta informazione ai sindaci e ai consigli comunali».
Questo è lo scenario di oggi su un problema che è sul tavolo da quando i referendum del 2011 hanno sancito essere l'acqua bene pubblico assoluto.
Le novità legislative - Come si diceva le novità sono arrivate dalla legge di stabilità 2014. Da qui la considerazione lanciata dal Comitato a difesa dell'acqua pubblica di Piacenza che ha sempre contestato la scelta di optare per una verifica approfondita di costituire una società mista e che oggi esorta ulteriormente: «Occorre rifare il percorso già avviato da Atersir indirizzato alla creazione di un'azienda mista pubblico-privata visto che faceva leva proprio sul fatto che la gestione in house, (completamente pubblica), sarebbe stata gravata del patto di stabilità ingessando così le spese dei comuni.
Tutto da rifare anche perché è su quella convinzione che stanno decidendo ora i consigli comunali chiamati a votare la scelta per la società mista, una decisione che però avviene sulla base di norme abrogate». «In base a questa nuova legge - segnala un documento del Comitato acqua bene comune - va in pensione il divieto di dar vita a nuove aziende speciali o società e le aziende speciali sono quindi a tutti gli effetti equiparate alle altre società partecipate dagli Enti locali (spa miste comprese) per quanto attiene all'obbligo di accantonare, in un apposito fondo vincolato, un importo pari al risultato negativo non ripianato. Non esistono quindi le differenze tra aziende "in house" e Spa mista erroneamente evidenziate dal documento del consiglio locale di Atersir». Visto questo sviluppo il Comitato propone l'avvio di un doppio studio di fattibilità: accanto a quello sulla società mista se ne faccia un altro per una società pubblica. Non è nuova la critica verso la scelta di dar vita a una società mista in quanto - affermano i rappresentanti del Comitato - una Spa mista pubblico-privata continuerebbe a fare profitti sull'acqua in spregio alla volontà popolare di 27 milioni di cittadini che hanno scelto con i referendum una gestione libera da logiche di mercato e di profitto».
I rimborsi a Iren Anche in merito al valore di indennizzo «da corrispondere a Iren - segnala il documento del Comitato - stimato tra i 75 e gli 80 milioni di euro non ricadrebbe sui Comuni, ma sulla nuova azienda, la quale potrebbe rivolgersi in prima istanza alla Cassa Depositi e Prestiti o al mercato ordinario: potrebbe vantare ampie garanzie di affidamento tra cui gli introiti futuri per l'erogazione di un servizio indispensabile». Il Comitato cita poi il documento dello studio Bonelli Erede Pappalardo, «"né la normativa nazionale né tantomeno quella comunitaria prevedono l'obbligo di indennizzo in caso di subentro nella gestione del Sistema idrico integrato"». Il confronto prosegue. a. le.
17/01/2014
«Gli investimenti di Iren ci costerebbero 350 euro per abitante: troppo per i bilanci» «Per il mio Comune si tratterebbe di mettere in campo tre milioni e 700mila euro e quindi, fatti due conti come possiamo impegnare le casse delle amministrazioni per cifre del genere in questo momento? » A parlare è il sindaco di Castelsangiovanni Carlo Capelli. «Questo è lo scenario se optassimo per una società in house - dice -. Non le pagheremmo cash, certo, ma si dovrebbe accedere a finanziamenti. L'acqua è certamente un aspetto importante, ma non l'unico problema. Prima la gestione era dei Comuni, ma gli investimenti negli acqiedotti e la messa a norma degli scarichi oltre a molte reti idriche era da considerare un colabrodo. In questa battaglia per l'acqua pubblica, l'acqua stessa non dovrebbe essere sprecata già nella rete. Ora la scelta della gestione mista è la più realistica se vogliamo avere garantiti più servizi. Inoltre credo che questa partita la si debba tenere legata ai rifiuti. Indispensabile». «Verrà dato mandato per esaminare la fattibilità di questo tipo di società - dice Fabio Callori sindaco di Caorso - poi valuteremo e vedremo. Sul binario della società pubblica non possiamo andare. Quella che è stata scelta resta la soluzione ottimale». Anche Callori mette in primo piano l'impegno per risarcire Iren. «Siamo nell'ordine dei 300-350 euro per abitante quindi per Caorso dovrebbe aggirarsi intorno al milione e 800mila euro». Ma quale controllo pubblico? «Il controllo pubblico esiste anche ora con l'assemblea dei sindaci; potrebbe esserci un altro organismo. E bisogna chiedersi in fondo quale alternativa restava? Una sola o andare a gara o ipotizzare la strada della società mista». Per il Comune di Fiorenzuola la gestione in house vorrebbe dire mettere sul tavolo circa 4 milioni di euro. Con un bilancio di 16 milioni - sottolinea Giovanni Compiani - in cui anche solo mille euro può produrre dei problemi, mi chiedo come potremmo fare. Impensabile legare le sorti del Comune a una società in perdita. Quanto alle modifiche di legge che dire? La realtà in questi ultimi sei mesi è cambiata almeno una decina di volte. E' chiaro che vi sia un approfondimento da fare ed è la strada che abbiamo deciso di percorrere». Anche Rosario Milano, sindaco di Alseno mette in evidenza la cifra da pagare per risarcire i lavori di Iren. «Per noi sarebbe un terzo del bilancio comunale. E' impossibile - dice. Tra le tre scelte: gara, in house e società mista quest'ultima era la meno peggio. E poi aggiunge cautela: «Non è ancora detto che con lo studio di fattibilità si proceda». Anche Raffaele Veneziani, sindaco di Rottofreno sottolinea che la scelta è quella di compromesso più fattibile vista la situazione. Se è vero che ora il patto di stabilità è stato rimosso, dice, potrebbe essere reintrodotto. Si tenga conto infatti che su questa materia ogni legisltore dà un'interpretazione diversa. E siamo in un paese in cui ogni Corte dei conti si sente libera di sostituirsi al legislatore. Quindi da un lato c'è un problema finanziario, ma cè anche il fatto che i comuni in questi 20 anni hanno esternalizzato tutto e quindi non hanno dotazioni proprie e capacità di assunzione per gartantire questo servizio. a. l.
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