Le bacchettate del presidente del consiglio comunale.
Un fatto è certo, risulta molto difficile adesso sbrogliare la matassa di fronte ad un'opinione pubblica e ad un elettorato di sinistra sconcertati, a pochi mesi dalle Regionali. La controversa staffetta di metà mandato alla presidenza del consiglio comunale tra Ernesto Carini e Lucia Rocchi ha sollevato il velo su un matrimonio già alle corde tra anime del Pd impegnate in un (distruttivo) braccio di ferro.
Presidente Carini, perché non si dimette?
«Provo molta tristezza rispetto a questa vicenda. Dopo che è stata tirata la statuetta a Berlusconi tutti abbiamo convenuto che bisogna misurare i toni. Poi il sindaco dice che quando viene in consiglio è come se andasse in campo nemico, che Paolo Botti (segretario provinciale Pd, ndr) è l'unto del Singore, che Guglielmo Zucconi (Civica, ndr) è bravo e Pierangelo Romersi (capogruppo Pd, ndr) non è bravo. Tutti i sindaci in Italia sono il punto di equilibrio di una maggioranza, invece Reggi la divide. In questo clima non mi trovo. Una politica tutta urlata e tutta muscolosa mi induce a non muovermi e a rimanere dove sono. Ho subìto fin troppo. Bisogna riportare la questione dentro la politica, non negli scontri all'arma bianca».
Ma la famosa staffetta era concordata - fu dichiarata sui giornali - e controfirmata proprio da lei in un accordo preso nel luglio 2007.
«Quell'accordo è stato in realtà un ricatto. I segretari dei partiti che hanno trattato la vicenda e i Piacentini uniti con a capo Reggi non hanno firmato la staffetta. Ma un'ora prima dell'insediamento del primo consiglio comunale è arrivato da me Marco Marippi (Civica, ndr) con un foglio in mano. C'era il rischio che si partisse malissimo. Ho firmato io allora, per venir fuori da un impasse quel giorno, visto che non avevano firmato i segretari. C'erano comunque due anni e mezzo per parlarne».
Poi c'è chi glielo ha ricordato nel corso del convegno sulla politica al femminile.
«E' stata Rifondazione, in una sede impropria. Rifondazione che non mi ha votato la volta precedente, che ormai vive di luce riflessa e non riesce a produrre politici. Le alleanze di quel tipo si è visto come sono andate a finire, bisogna pensare a staccarsene. Il sindaco apre a Udc e a D'Amo, perché dovrei restare io fisso sul Prc? Volevo andare in Provincia con l'Udc, forse avremmo vinto».
Insomma, la sua nomina fu controversa fin dall'inizio, oggi le divisioni sono esplose.
«Mi è sembrato che il sindaco tornato da Coli già cercasse la rissa e tutti i motivi erano buoni. Ma ci sarei stato alla staffetta se mi avessero chiamato, se si fosse ragionato. Sono da buttare via? Posso essere ancora utile alla maggioranza e alla città, in altro ruolo? Desidero finire il mandato con una responsabilità. E magari si poteva cogliere questo passaggio per riaprire all'opposizione invece di compiere atti militareschi».
Ma il tentativo di affidare la presidenza alla minoranza era già andato in fumo.
«Fu la proposta iniziale di Reggi, sulla quale eravamo d'accordo come Pd tanto che nella mia prima dichiarazione fatta non sotto minaccia e resa a Libertà, parlavo di un presidente di transizione. Oggi anche l'opposizione potrebbe reagire diversamente. Invece no, si dice: via Carini e dentro Rocchi (esponente della Civica, ndr). L'aspetto più brutto della faccenda è che il sindaco è pure vicepresidente Anci e la presidenza di un consiglio non la tratta un partito perché ha il 12 per cento (la Civica, ndr), lo può fare in prima battuta ma poi il presidente non è più trattabile, è di tutti, non è una carica come le altre, non è merce di scambio tra partiti, come stabilisce la quinta commissione del Consiglio di Stato. Invece su questo passaggio non mi chiama nessuno, non telefona nessuno, si dà per scontato, sono modi veramente incredibili. Anche il sindaco ha detto che si sarebbe dimesso e non si dimette, allora è uno spergiuro pure lui?! ».
Questa vicenda racconta soprattutto di un pericoloso logoramento di relazioni.
«Ma il sindaco non fa il bene della coalizione quando dice che il segretario provinciale del suo partito è l'unto dal Signore. Sono io che faccio male al Pd o sono queste dichiarazioni? Un vicepresidente Anci che dice di sentirsi in consiglio comunale come in territorio nemico? Verbalmente sono come statuette lanciate».
Le rifaccio la domanda, adesso come se ne esce, dopo le stoccate al calor bianco?
«Si faccia un attimo di quiete, accantoniamo la questione fino al bilancio, fino alle elezioni. Ragioniamo insieme. E' una situazione che mi fa star male, non mi va di passare per il cattivo che non vuol mollare la poltrona che qualcun altro vuole. In politica non si dice fuori uno e dentro l'altro. Facciamo un passo indietro e diamoci il tempo per riflettere. Non credo che una pausa sia la morte di nessuno. Se parliamo troveremo la soluzione, dopo che si saranno calmati gli animi accalorati. Se invece mi si dice che devo dimettermi non mi dimetto e se il sindaco capisce solo la forza, ci sto a mostrare la forza. E' una una cosa che non mi sarei mai aspettato. Io non ho mai sgarrato una volta nel voto e non mi si passa addosso con i cingoli».
Il sindaco ha mostrato severità di giudizio sul ruolo di molti "compagni" del Pd, segretario e consigliere regionale in testa.
«Reggi vuol vincere. Vuole imporre la sua visione non solo in consiglio ma dentro al partito. Con le primarie abbiamo voluto un partito più strutturato di quello di Veltroni e Bersani lo sta strutturando. Se ne può mettere quanti se ne vuole di candidati, ma Reggi non vuole Botti e intanto depotenzia la direzione piacentina, critica Beretta e dimentica che lo hanno votato in ottomila, non saranno ottomila idioti, no? E dimentica che è consigliere da 15 anni, non da quando si è insediato lui. Anche nel centrodestra ora si trova dieci sindaci contro, distingue tra un onorevole buono e un altro cattivo. E' tutto uno scontro. In quanto alla coalizione, la mia proposta è di tornare a ragionare ed è la stessa del capogruppo Romersi, torniamo a parlarci come persone e come componenti di uno stesso partito e di una stessa maggioranza. Ma se ai bambini capricciosi si permette di tutto, sai come crescono». Patrizia Soffientini LIBERTA' del 07/01/2010
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