Riccardo Muti: «Città bellissima e di grande tradizione culturale»
Come nasce l'idea dell'Orchestra “Cherubini”? «Dal desiderio di trasmettere ai giovani musicisti italiani quelle conoscenze che ho appreso in tanti anni di attività, sia dai miei insegnanti, sia - soprattutto - dai professori d'orchestra con cui ho lavorato in carriera. Con la “Cherubini” ho inteso quindi in un certo senso ridare al mio Paese ciò che da esso ho ricevuto. Ho voluto, in sostanza, costituire un'orchestra di giovani italiani che, dopo il Conservatorio, in tre anni di attività, potessero imparare il “mestiere”, ma soprattutto imparare cosa significa stare in un'orchestra; dare il proprio contributo ad una grande compagine sinfonica o operistica, che non è meno importante di suonare come solista o di fare una grande carriera internazionale. Questa è un'azione che farà bene ai giovani ma sono sicuro che farà bene anche a me». Sarà un ensemble di “enfant prodige”? «No, sarà una compagine formata da italiani scelti con durissime selezioni, portate avanti per oltre due anni da commissioni internazionali composte da musicisti tra i più qualificati. Questo, oggi, è il meglio che noi possiamo avere. Si tratta di ragazzi di talento, ancora in via di formazione (anche se sono già diplomati) e che attraverso un lavoro triennale assieme a me e ad altri importanti colleghi (Lorin Maazel, ad esempio, ha già dato la sua disponibilità) dovrebbero fornire alle cosiddette orchestre professionali un grande contributo di professionalità, ma soprattutto di consapevolezza di quello che significa suonare in un'orchestra». Lei ha rimarcato il concetto di “italianità” di questa orchestra. Che cosa significa? «Significa che la “Cherubini” avrà una forte identità nazionale, soprattutto per quello che significa la cultura del nostro modo di fare musica. Viviamo in tempi in cui si tende ad omologare tutto, a rendere tutto uguale, come nei supermercati - ritengo per questo importante formare una compagine che abbia caratteristiche proprie. Noi italiani abbiamo un modo di suonare e di cantare che è tipicamente nostro, come la Filarmonica di Vienna ha una identità culturale austriaca fortemente marcata. Ecco, noi vogliamo un'orchestra che abbia caratteristiche di rispetto della nostra storia musicale senza per questo precludere ad una visione europea della musica». Esiste già un calendario? «Posso dire che l'insediamento dell'orchestra a Piacenza avverrà a fine estate e che il primo appuntamento è già fissato per il 13 dicembre al Teatro Municipale; sarà un concerto-lezione, una prova assieme all'orchestra che si tramuterà poi in esecuzione, per cui il pubblico si potrà rendere conto di che cosa significa il lavoro di concertazione di un direttore con i giovani musicisti e potrà apprezzare il risultato raggiunto». Perchè ha scelto Piacenza? «Il sindaco di Piacenza ha aperto le porte della città e del teatro a questa operazione ed io sono molto grato a lui e a tutta la città. Quando mi è stata prospettata questa opzione come sede stabile della “Cherubini” non ho avuto dubbi, perché Piacenza è la soluzione ideale. Per tante ragioni: è una città di grandissima tradizione, bella, piena di cultura, con delle splendide colline. E poi fa parte dell'Emilia Romagna dove io vivo (a Ravenna) ed è vicina a Milano dove opero diversi mesi all'anno».
Intervista a Riccardo Muti raccolta da Giorgio Lambri.
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