A Piacenza serve congresso: col 3% non contiamo più niente
Dodici anni in Parlamento. Ora torna alla sua «passione», la medicina, o meglio la neuropsichiatria infantile. Lavorerà tra Fiorenzuola e Podenzano nel Distretto di Levante dove funziona un servizio sul territorio, ma non esclude anche la libera professione. Il medico è l'on. Massimo Polledri che si lascia alle spalle due legislature e mezzo.
Parla di fine del modello verticistico della Lega Nord («Nello statuto siamo confederati»); fa riferimento al progetto politico che ha portato Maroni alla presidenza della Regione Lombardia; tiene la barra dritta sull'obiettivo strategico: la Macroregione del Nord; s'interroga sul destino del Carroccio nelle zone sotto al Po a partire da Piacenza.
E poi lancia la critica forte ai suoi amici di partito. «Non mi sembra che il risultato del voto abbia premiato le candidature piacentine: scelte non andate a segno. E' il peggior risultato di sempre e per la prima volta dal ‘91 non avremo un parlamentare. Il risultato della Lega è ai minimi anche rispetto alle comunali. E' finito il tempo in cui i voti li prende il leader, (leggi Bossi) devi andarli a cercare di buona lena. Noi dobbiamo parlare alla speranza della gente, la Lega era un movimento così, ma uomini piccoli prendono piccoli voti». E continua: «Con questi risultati da altre parti ci si dimetterebbe», segnala e chiede «si scelga una strada di trasparenza e di chiarezza. Si deve prendere atto della disfatta e si devono aprire le finestre. Occorre una prova di verità e non continuare a mettere la polvere sotto al tappeto».
Una situazione che forse si può affrontare in un congresso? «Non ci sono congressi alle viste. A Piacenza la strada sarebbe la discussione franca e trasparente. Che senso ha restare attaccati al tre per cento? La prossima scadenza elettorale, le regionali, Piacenza che peso avrà? Nessuno». Quindi una critica che è anche un'esortazione «Non servono operazioni di commissariamenti, non si resta asserragliati nel bunker».
Non è più in Parlamento, ma par di capire che Polledri non lascerà la politica. «Non si può abbandonare la politica - replica - primo perché penso che Maroni non me lo consentirà». Perché? «Credo ci sia molto da fare anche se la salvezza non arriva dalla politica. Abbiamo una forte necessità di ricostruire sui principi, sui valori, sulla formazione, sulla condivisione di alcuni valori di base, come se fosse necessario avviare un percorso quasi prepolitico».
Lascia aperta una porta anche verso progetti diversi di spessore culturale. «Ho in mente alcune cose - dice - e ci sto pensando». Su che terreno? «Potrebbe essere la difesa della vita ad esempio».
Polledri fu eletto per la prima volta nel 2001. «Sono stati 12 anni vissuti intensamente. Vinsi il primo collegio nello scontro con Gian Luigi Boiardi e in quell'occasione - puntualizza con una sottolineatura critica - Pier Luigi Bersani fu candidato a Fidenza». Tempi lontani gli anni 2000. A cominciare dal sistema elettorale con i collegi uninominali. Poi la malattia del capo la stagione del "cerchio magico" e le "scope" di Roberto Maroni. Ora il nuovo capo è diventato presidente della Regione Lombardia, lascerà il partito? «Spero che resti». Dice e torna sul Governatore: «Maroni ha vinto le elezioni e la Lega ha vinto una scommessa politica cioè quella di far nascere un soggetto politico omogeneo che possa dare speranza e coesione e non far sentire soli cittadini». Di questa esperienza Polledri sottolinea la novità e l'apertura del partito rappresentata dalla lista Maroni «Fa il paio con quella di Tosi» e suggerisce la strada nuova, che forse incrocia anche un nuovo protagonismo per le periferie della Lega. «Se in Lombardia si è aperta la via e il progetto di Macroregione (con Pdl e Berlusconi) - dice Polledri - al di sotto del Po non possiamo vivere di rendita o pensare di nasconderci. Al di sotto del Po se va bene facciamo la Macroregione dei "panda" col 3% per trovare un altro leghista dobbiamo fare dei chilometri».
Una chiosa sul risultato nazionale della coalizione: per un obiettivo centrato, la Lombardia, un altro fallito il governo. «Per un soffio dello 0,4%. Sarebbero bastati i 150mila voti persi in Emilia. Perché è successo? Non si è creduto nella possibilità di farcela e mentre Maroni e la Lega lombarda hanno fatto la loro campagna tarata sui temi economici da altre parti si è stati un pochino a guardare. Infine accenna al "Manifesto degli onesti" lanciato nel 2010. Ci sarà un rilancio? «Beh - dice - un patto coi cittadini sulla trasparenza... sarebbe bello riprenderlo».
Antonella Lenti da LIBERTA' del 03/03/2013
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