Vincenzo Boccia, presidente nazionale di Confindustria, è stato il grande ospite dell’associazione piacentina degli industriali, che ha celebrato all’Università Cattolica la sua 71esima assemblea.
Ad accogliere il neo presidente nazionale, quello piacentino, Alberto Rota.
«Le realtà locali rappresentano il simbolo dell’industria italiana. Celebrare i 71 anni di Confindustria ci ricorda la tradizione industriale di questo Paese e riporta attenzione sulla questione industriale. Soprattutto sul settore del manifatturiero: i paesi usciti dalla crisi hanno puntato su questo. L’Italia è il secondo paese più industriale d’Europa dopo la Germania, abbiamo grandi potenzialità e su questo dobbiamo costruire una politica economica che torni competitiva. Le nostre imprese devono riattivare il circolo dell’economia, per ridare beni e servizi al mondo, creare occupazione e di conseguenza anche domanda interna». Boccia ha parlato anche di Brexit. «Nel breve termine ci saranno impatti negativi: stiamo vedendo gli andamenti della borsa, dove l’ansia e la speculazione sono dietro l’angolo. Europa e Italia sono al sicuro per ora, bisogna vedere chi reagirà prima. L’Europa riuscirà a reagire per il dopo-Brexit? Quale Europa immaginiamo per la crescita? Quale industria vogliamo? Sono domande che proponiamo per avere un’idea economica di questa Europa che deve evolversi e non protestare».
Boccia ha poi voluto lanciare un messaggio agli industriali piacentini. «Siamo pessimisti nelle previsioni e ottimisti nelle aspettative. Questa è l’idea non schizofrenica del Paese che abbiamo».
Il presidente piacentino Alberto Rota ha lanciato il progetto “Piacenza 4.0”, la discussione di alcuni temi di sviluppo per la città e la provincia. «La città deve diventare Smart, 4.0, per affrontare problemi come il pendolarismo. Se avessimo un buon collegamento con Milano potremmo essere attrattivi per i milanesi. Non dobbiamo mollare sul tema». Rota ha riaffrontato il progetto della Pertite, di un nuovo ospedale. «Dobbiamo trovare una vocazione per la nostra città, tenendo presente che l’industria e l’artigianato sono il 40 per cento dell’indotto, il turismo e agricoltura solo il 4. Il resto sono servizi. Dobbiamo pensare all’utilizzo intelligente di aree militari e demaniali. Pensiamo al riuso, abbiamo avuto ottimi esempi. Pensiamo ad un nuovo polo scolastico con spazi moderni».
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